Nel paese dei baloch

quest’estate, di ritorno da siviglia, ho pensato che un bel modo di fare una full immersion di montagna che mi riportasse ad avere quel feeling con i profili dentellati e i profumi della vegetazione di montagna, fosse andarcene a stare per un po’ di tempo lassù nei monti.

siamo stati diversi giorni, 19 alla fine, quindi di cose da raccontare ce ne sarebbero a bizzeffe, dividerò il post in 3 sezioni:

1. questa, che è il racconto per sommi capi;
2. una con i commenti e suggerimenti e consigli tecnici sulle vie che abbiam fatto (qua);
3. se riesco qualche considerazione un po’ più filosofica, pensieri che mi bazzicavano per la testa saltando da un masso granitico all’altro. (coming *aperiodically :D)

enjoy.:D


l’idea

era un po’ che l’idea bazzicava, era solo ormai questione di organizzare le idee e poi metterle in pratica. avevamo dei principi base da cui partire: l’idea di voler stare in giro, quanto più possibile in autonomia, separarci per un po’ dalla civiltà, dimenticare le automobili, con lo stress che comporta il traffico, i supermercati, la fretta e i tempi della quotidianità e della routine. ancora ci paiceva dimenticarci forse della civiltà e della società che ci è imposta, quella ocn cui tutti i giorni bisogna svegliarsi e lottare, fatta di sistemi e dinamiche schiavistici che agiscono nostro malgrado su ognuno di noi, così come da rapporti sociali inevitabili terribili, ai quali volenti o nolenti bisogna spesso adeguarsi nel momento in cui si decide di vivere in un determinato posto. volevamo insomma separarci per un attimo da tutto ciò, alienarci un po’, per riuscire a stare un po’ in pace e vedere il tutto con un po’ più di chiarezza. per rimanere solo con il bello delle cose, la montagna, e gli amici che ci fossero venuti a trovare.

l’idea era poi quella anche che stare in giro ha i suoi vantaggi: sulla classica uscita alpinistica ti togli parte degli sbattimenti: sveglia prestissimo si riduce in sveglia presto, avvicinamento in macchina eliminato del tutto, avvicinamento alla parete si riduce in parte dell’avvicinamento, a seconda di dove si sta e dove si va, ma in generale si accorcia, il rientro idem con patate. inoltre si ha il vantaggio di poter vedere la parete, capire quando è il momento giusto per andare o dove andare. i contro c’erano comunque: bisognava portarsi appresso tutta la baracca negli spostamenti: materiale da arrampicata, più tutto il necessario per vivere.
la strategia che abbiamo adottato è stata quella di un giro itinerante organizzato su campi base: abbiamo portato dei pacchi di cibo a lunga conservazione in alcuni posti e saremmo passati poi, sempre via monti, a unire i puntini, fermandoci nei pressi del cibo finchè questo durasse, in maniera da ridurre l’influenza del peso del cibo nei trasferimenti.

primo campo: tredenuss

in primis saliamo da volano in tredenus, siamo una bella squadra, ma in parete siamo in 3: io filo e filip, che si aggrega con noi per i primi 3 giorni. decidiamo di accamparci bassi, dove filip, che è un caiano brenese, ci dice essere più comodo, essendoci una griglia e il fiume: che effettivamente sono due lussi che su al macherio rimpiangi.
quindi viette di giorno e poi giù fino al campo base: le camminate si allungano di un’oretta abbondante, ma ripagata in tutto e per tutto dalle ottime cene. un fantastico farro ocn verdure grigliate che ricorderemo a lungo e una cena a polenta e formagella, da paura! :D

in questi primi due giorni saliamo la via degli amici al corno delle pile, e la via giovani formiche al gemello settentrionale, entrambe vie divertenti e su roccia bella, standard tredenus! il terzo giorno optiamo per una vietta sul naso, terribile idea, ci andiamo a infilare su un aborto del damioli terminato da amadio, che non ha nessun senso ripetere, risuciamo a scappare da una cengia ed evitare l’ultimo o gli ultimi due tiri di questa robaccia e scendiamo.


filippo scende e noi saliamo al bivacco, dove resteremo ancora qualche giorno, più però in relax: ci facciamo una girata a piedi esplorativa: una visita non guidata alle perle della valle, questa era l’idea! alla fine a watermelon non ci siamo arrivati, ma facendo le creste di craper siamo comunque scesi fin al passo di mezzamalga e poi giu epr il sentiero del quinto reggimento e poi su di nuovo. na sgropada, per i miei standard, comunque divertente. arriviamo su e il bivacco è occupato da una mandria di 6 scout, su 6 letti, che hanno cacciato il robbit, che venivaa trovarci. lo individuiamo con dei richiami acustici: come un camoscio spunta tra le creste! mangiamo la nostra cena con uno splendido tramonto sulla concarena di fronte, con l’idea di dormire fuori, anche se arriva il temporale, mentre alla fine scopriamo che i genitlissimi scout si sono arrangiati 2 per letto e ci hanno lasciato comodi comodi! super! il giorno dopo arriva anche il mauro, ma siamo indecisi sul da farsi: facciamo una girata a cercare fessurine di incastro dove far boulder in cresta direz colombè, poi io e mauro torniamo e facciamo un giro sul gran diedro (con speziate varianti :D), gli altri due scendono con l’idea di farsi un bagno al lago d’arno, ci troviamo la sera, cenetta e a dormire presto che l’indomani ci aspetta..

il primo trasferimento
probabilemnte la giornata più impegnativa del giro: partenza dal macherio, destinazione rif. lissone. sulla carta una quisquillia. per qualsiasi medio camminatore sarebbe da ridere, poco più che una tappa del sentiero numero uno. siamo in 3, mauro è sceso, il robbit invece, stoico, rimane del gruppo, prezioso aiuto per me per dividere il carico. filo invece se ne infischi a e si carica i suoi quasi30 chili da solo. abbiamo la genialissima idea di lasciare tutto il cibo avanzato al bivacco. ok, questo era il piano, ma lo seguiamo talmente alla lettera da nonp ortarci neanche un pacchetto di uvette per la traversata! leggerezza assoluta: il nulla! arriviamo già provati al maria e franco. scendiamo barcollando al passo di campo dove non si sa come resistiamo dall’assalire qualche turista che addentava bellamente il suo panino in nostra presenza. saliamo stringendo i denti le catene del primo tratto di risalita successivo, quindi collassiamo 10 minuti. poi ci trasciniamo su fino alle creste, ormai devastati ondeggiamo sui saliscendi del sentiero e in qualche maniera rotoliamo giù fino al lissone. arriviamo che è praticmaente notte. ma arriviamo. e lì c’è il nuovo pacco di cibo. e l’accoglienza dei gestori è ottima e ci lasciano montare la tenda a lato del rifugio, zero sbatti super comodo. e mangiamo come mai e dormiamo come mai, che il giorno dopo piove! il robbit scappa alle 5 del mattino e io neanche lo sento uscire dalla tenda.


secondo campo: val adamè

il primo giorno è di riposo: pioggia, appunto. mangiamo una pasta al rifugio e approfittiamo della stufa per starcene al caldino a leggere, un po’ dentro, un po’ li fuori nel sacco a pelo. approfittiamo pe studiare la valle e vedere gli obbiettivi: il domenico ci racconta che qualcuno è salito a provare ultima tentazione, ma che di solito la gente scende al primo spit, dove c’è una maglia rapida, perchè c’è un passetto “un po’ stronso, ma sarà 6b”… l’idea frulla nella testa, da quando il rino ci aveva raccontato delle sue peripezie su quella via, però per il momento la parcheggiamo e puntiamo all’esplorazione. spostiamo il campo un po’ più in su, oltre la baità adamè, e ne approfittiamo, martedì, per provare una vietta del gianni tomasoni sul coster, 1000 splendidi soli, per prendere confidenza con lo spalmo granitico. facciamo un po’ di tiri, poi viene una grandinata, ci ripariamo sotto un tettino. smette, ripartiamo artificlamndo sule colate e spalmando dove si riesce, poi di nuovo acqua a catinelle, allora giù, l’è mia l dè! ovviamente finiam le doppie col sole che splende. amen. sistemiamo il campo base, facendo un altro viagio fino al lissone a recuperare il cibo. giorno dopo giretto al gioià: il tempo che sembrava instabile ancora, regge e ci lascia salire sogni di baku fino in cima.

rientriamo e ci tocca ancora una volta scendere verso il lissone: arriva uan compagnia di gente a trovarci: ancora l’instancabile robbit, questa volta si è portato morosa, soci edolesi e soci cremaschi! grandi!! allora andiamo loro incontro (filo diretto a corse dalla via, io dormo una mezzoretta poi parto ahah!) e li accompagniamo su. recuperiamo uan formagella dalla malga e accendiamo il fuoco con quel poco di secco che resta dei pochi ontani della valle, lastrone di granito come piastra e via, con la calma, si cucina che è un piacere. filo si distrugge col dolcetto, noi rimaniamo a veder le stelle, bella serata!

il giorno dopo riposo dovuto: finalmente monto l’amaca e ne approfitto. verso sera accompagniamo i ragazzi che scendono e diamo un’occhiata alla parete per domani: sto cercando in tutti i modi di convincere filo ad andare su a curiosare al corno di grevo, per quanto lui non ne voglia sapere. rientrando la sera ci fermiamo a far due parole col rifugista, scopriremo, volontario del baità adamè: marco, ci racconta un po’ come funziona la baità eccetera, e scopriamo di avere qualche ideuzza in comune che sarebbe bello concretizzare in futuro. bello! ci offre anche una fetta di torta! salutiamo e reincontriamo la mattina dopo quando alle 9 e mezza, passiamo di li diretti al grevo. già, non so come mai ci siam svegliati tardi, ma ormai siamo in ballo. filo non è per niente convinto e le inventa tutte, però acconsente e alla fine arriviam su e risuciam oa salire questa chicca che è ultima tentazione. scendiamo con le frontali e arriviamo al baità adamè a sera inoltrata. incontriamo ancora marco, che è riuscito a intercettare, su nostra richiesta telefonica dal lissone, il mauro, che vagava al buio alla ricerca della nostra tenda. ci fermiamo a far due chiacchiere e scendono altri due dai gioià, che si erano fati una bella girata esplorativa, tentando un nuovo avvicinamento e una particolare discesa! super adventure, altro che la nostra vietta sportiva! ci fermiamo a far due parole super piacevoli: bello incontrarsi al rientro da giri tanto diversi in ambienti selvaggi e cari come le montagne adamelliche! ce n’è da raccontare e scambiarsi informazioni per tutti!

giorno successivo con mauro saliamo con l’idea di fare una vietta al coster del gioià che è ancora inesplorto, per curiosare, ancora una volta, una chicca della valle, che potrebbe essere un progetto molto futuro: controllo totale! ancora una volta lo zampino dei fratelli ferri ha creato questa chicca, raccontataci dal rino in val salarno e anche dal domenico pochi giorni prima: “ah, se volete, c’è un’altra via che non ha ripetizioni, qui al coster, anche quella sarà sul 6b..”. qua però ci guardiamo bene dal cascarci, e puntiamo una via che si chiama “la vacca di nonna papera”, per intendere lo spirito guerriero della giornata. io in realtà sono veramente distrutto dalla via del giorno prima e mi continuo ad addormentare ovunque: raggiungiamo l’attacco di controllo per la visita di rito e mentre filo decide in un attimo di follia di provare ad attaccare il primo tiro, io, dopo averlo avvertito della follia del suo gesto, mi addormento su una placca li vicino. mi sveglio che è appeso al primo spit e sta pensando a qualche piramide umana per scendere, e, recuperato il rinvio, decidiamo che anche nonna papera può aspettare, trotterelliamo giù al campo base che il mauro deve tornare a casa presto.

domenica salgono i miei a trovarci: giretto a piedi verso il baroni, quindi pranzo al rifugio. è qui che conosciamo il piero, cuoco volontario li alla baita. non solo ci servono il pranzo alle 4, e ci riservano un’ottima accoglienza, tra lui e il marco, ma chiacchierando ci suggersice che nei prossimi giorni sarà li da solo a lavorare, così ci proponiamo di dargli una mano, che accetta di buon grado. salutiamo i miei, smontiamo il campo e ci trasferiamo sotto il tetto della baita, su un materasso vero dopo un bel po’ di giorni. è civiltà questa? ci chiediamo? beh, in parte lo è, perchè emergono le dinamiche della civiltà, con personaggi che bazzicano e le loro storie. però resta lontana e questo resta comunque un posto di pace: si alvora duro col piero, che però è gentilissimo e super disponibile, ci insegna diverse ricette e trucchi del mestiere, oltre che nutrirci nel migliore dei modi. e poi ci racconta storie: storie vere, storie forti, della sua vita e di cose che ha visto e vissuto, bello cazzo, grande il piero! dopo un paio di giorni arrivano altri volontari e noi dobbiamo ripartire:

secondo trasferimento
partiamo accompagnati dal piero e dal remo, un signore amico del piero che si fermava li qualche giorno, direzione passo della porta di buciaga. ci accompagnano quasi fino al passo (chapeau!) poi ci salutiamo: gli occhi lucidi del piero per la commozione ci lasciano il segno e la voglai di tornare a trovarlo: magari scendendo ripasseremo! intanto però ci dirigiamo in val di fumo: dal passo della porta si staglia in grande splendore davanti a noi il carè, tutta la cresta fino al crozzon di lares e poi al corno di cavento! spettacolo! trotterelliam giù fino alla valle e poi fino alla malga dove abbiam lasciato il cibo, lo recuperiamo e imboschiamo li nei pressi e optiamo per un campo volante: domani si riparte subito per il carè.

terzo campo: val di fumo

sveglia presto e via, direzione passo delle vacche: andiamo alla sud del carè alto a fare la via del franz salvaterra, sogni erotici. partendo di qua è un bel pezzetto arrivar su, sono quasi 4 ore e essendo a sud prende sole, così arriviamo all’attacco che è già sul limite del pericoloso, cade qualceh scarica appena siamo alla prima sosta. comunque siamo in parete e tutto bene, ci facciamo al nostra vietta e arriviam su nelle consuete nebbie che avevamo visto anche il giorno prima: l’idea era quindi di bivaccare in vetta e così facciamo, concedendoci anche un bel falò al gusto di catrame, prima di addormentarci sugli scomodi sassi dell’anticima sud.

notte freddina e scomoda, specie per il mio sacco a pelo leggero, ma si dorme. il giorno dopo dobbiamo scendere e non sappiamo da dove. optiamo per la cresta sud ovest che si rivela una scelta super azzeccata, non solo perchè la sua ferrata dur-anteguerra si rivela trapelante di storia, ma anche perchè va nella direzione giusta e ci permette di non pestar neve, visto che abbiamo solo un paio di ramponi in due. arriviamo giù belli cotti, allestiamo un campo alla buona abbastanza vicino al rifugio e facciamo una mangiata colossale: abituati a lauti pasti, avevamo portato giusto un paio di scatolette di tonno per il bivacco e siamo scesi scannati dalla fame! quindi ci godiamo il meritato relax nel pomeriggio, incerti sul da farsi. domani dovrebbe arrivare filippo e anche checo, ma non riusciamo a contattare nessuno perchè no va il telefono. che fare? siamo veramente distrutti e pensare di risalire su alle pareti è veramente psicologicamente una mazzata! mangiamo e dormiamo e il giorno dopo beviamo uan birretta con papà e zio di filo che passano a trovarci facendo un giretto di corsa. li salutiamo e lipperlì, al rifugio, decidiamo di essere a pezzi e che forse possiamo accontentarci. chiediamo alla prima persona che ci capita se per caso scende a brescia e ci dice che sì, e allora andata, abbaumo un passaggio alle 4: cerchiamo di mangiare tutto il possibile, regaliamo un po’ di cibo ai ragazzi della cooperativa della maga che ci avevano tenuto le cose, e il resto ce lo carichiamo sulle spalle: con zaini sui 25/30 chili ci avivamo trotterellando verso valle, non senza scende divertenti come lo zaino di filo che rotola nel fiume mentre ci concediamo un benefico bagno sotto gli sguardi attoniti dei turisti domenicali.

bel gir dai! :D

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Civili così civili

civili così civili

questo post nasce da una storiella vera che potrebbe apparire buffa e ridicola, e che a raccontarla effettivamente mi ha fatto ridere un sacco; però sotto sotto trapelano anche tristezza e pessimismo per il genere umano, quindi leggetevela ridendo però con l’occhio critico attento.

partiamo quindi dalla storiella, dai fatti.

parte prima: what happened.

quest’estate con filo si è deciso di organizzare una girata per crode (presto il relativo post, stay tuned!! work in progress :D). l’idea era stare qualche giorno in quota, quanto più possibile in autonomia, e scalare. senza programmi precisi, l’idea era una ventina di giorni, alla fine sono stati 19. è andata benone e ne parlerò nei dettagli in uno (o più :D) post(s) ad hoc.

la preparazione del giro ha richiesto il suo impegno, che si è per lo più sobbarcato filo, mentre io ero in ballo con esami e storie. prevedeva l’organizzazione della logistica, in particolare per quanto riguarda il cibo. questo sarebbe (ed è) stato portato in alcuni punti strategici sul percorso, permettendoci al contempo di non portare a spalle tutto il peso, ma di non dover scendere mai alla civiltà. il cibo è stato scelto sulla base di principi nutrizionali ed etici, molto più che di gusto (ahah, scherzo dai, mangiavamo benissimo alla fine!). comunque, a parte gli scherzi, uno dei criteri era che non ci fossero confezioni difficili da smaltire, in quanto avremmo dovuto portarci i rifiuti, non organici e non cartacei, appresso fino alla fine.

un altro criterio era quello dell’abbondanza (proposto da filo e approvato da me): volevamo poter mangiare sempre abbondantemente (fin qua tutto bene), quindi portare piu cibo del previsto e quello che fosse avanzato lasciarlo nei bivacchi dove eravamo ospiti: lasciare cibo alla montagna, per rimpinzarla di vita (qua ero già piu scettico (chili in più da zainare nei trasporti) ma alla fine mi sono convinto! :D).

questo era il piano. in realtà ci è poi andata ancor più di lusso: abbiamo avuto la fortuna di essere visitati da amici e conoscenti durante la nostra permanenza, che ci rifornivano puntualmente di cibarie fresche e leccornie, riducendo così il nostro “isolamento”, ma in maniera assai gustosa ed evitandoci l’impatto diretto con la civiltà: il supermercato o chi per esso.

non solo, potevamo in questa maniera anche sfruttare questi visitatori per portare a valle i rifiuti, cosa che non abbiamo mancato di fare e per la quale ancora dobbiamo ringraziare tutti! anzi, questo ci ha permesso di prenderci pure il lusso di continuare in una pratica quotidiana elementare che lo stare in giro in quota in autonomia avrebbe reso problematica: quella di raccogliere i rifiuti degli altri e ripulire la montagna.

fin qui tutto bene! (sic! ahah!) che succede poi? che, per un malinteso con uno dei nostri visitatori/trasportatori, un secchiello di platica di yogurt (usato in primis per portare 3 chili di ottima polenta km0, un regalo portato da altri amici, grazie!) contente una bombola di gas consumata e credo poc’altro, rimane sotto un sasso nei pressi della prima delle nostre tappe: la conca di tredenus. non abbiamo capito bene se il nostro socio si è dimenticato o non ha trovato il sasso sotto il quale era nascosta l’ordigno, fatto sta che (qui lo dico e qui lo nego) sicurmanete non era in malafede. in ogni caso questo secchiello di spazzatura è rimasto in loco fino alla fine del nostro giro. questo terribile rifiuto era poi nascosto sotto un sasso particolare, vicino a un pratino dei cavalli, lasciato li in maniera che il nostro compare il giorno successivo, scendendo, potesse incontrarlo senza problemi.

Il nostro secchiello, insomma, diventa rifiuto abbandonato per i bricchi, finchè viene ritrovato e portato a valle gentilmente.

ma occhio, fin qui tutto bene ancora! l’asino casca nel momento in cui un personaggio, neanche il ritrovatore del residuo contaminante, scrive il seguente post su un noto social network. mister x (di qui in poi chiameremo “mister x” costui per generalizzare le riflessioni postume), posta utilizzando una pagina istituzionale del clubalpinoitaliano della valle, che non sto a riportare [della quale probabilmente si sente la personificazione?], dove compare pure il nome di uno storico alpinista camuno, che solo vedere vicino al nome del suddetto personaggio mi fa rabbrividire! (si rivolterà nella tomba! :D). poi, però, firma col suo nome (che oscuro per disinteresse nel farne una questione personale).

Ora, brevemente, in questo post, come evidente, ci sono due punti chiave, allo stesso tempi tragicomici, ridicoli e tristissimi:
a)lui è IL BUONO, e qua niente da dire (solo forse da ridere, concedetemelo ahah!)
b)i CATTIVI sono:
1.incivili prima volta;
2.palesemente colpevoli (!! ahahahah!! :D :P)
3.non sanno apprezzare e rispettare la montagna (:D:D)
4.incivili seconda volta!

effettivamente adesso che scrivo mi viene solo da ridere, e lo sto trovando veramente ridicolo e basta, mi verrrebbe da smettere di scrivere perchè mi sembra che già da se parli da sola la foto, se volete limitarvi alla parte divertente potete finire qua. :P

ma come il buon pirandello con la vecchia imbellettata, finita la risata ci può stare che la riflessione sia amara, dietro, e che vi sia del marcio oltre l’apparenza. e cos’è alla fine fb se non pura apparenza?

volevo quindi provare, a freddo, a scrivere due riflessioni che mi ha suscitato, più o meno a caldo, questo post. sottolineo come l’obbiettivo di queste righe non sia sicuramente rispondere, perchè non mi sembra assolutamnte ci sia nessun bisogno, ne tantomeno sputtanare qualcuno, me ne guardo bene, anzi, proprio per questo ho scelto di cancellare il nome dell’autore e dell’istituzione, per quanto poi siano pubblici e per i curiosi credo basti una ricerca google.

invece no, appunto. come sempre in questo blog, volevo provare a scrivere due cose perchè mi hanno fatto riflettere, queste righe condite di vanità e semplicismo, e fare dei pensieri curiosi ed interessanti, che credo possano avere un valore abbastanza generale, ben oltre questo piccolo e stupido fatto, legato a una piccola persona. mi hanno fatto riflettere davvero sul perchè e sul percome delle cose che uno fa e, addirittura!, sul concetto di civiltà.

parte seconda: what is curious about it.

come dicevo in incipit ce ne andammo per monti con l’idea di stare lontano dalla civiltà quanto più possibile. stare nei monti, che sono la nostra prima o seconda casa. molto alla thoreau parrebbe, beh, ognuno cerca in qualche maniera di imitare i propri miti di sempre. però invece che piantare fagioli, l’idea era piantar chiodi, e mangiare lenticchie. :D

step 1. primo livello di ragionamento: uno che prende e se ne va dalla civiltà è un incivile? beh, in un certo senso forse sì. il prefisso “in” è negativo (esprime negazione): ha valore di cancellare o di negare o di distruggere la civilità? non so con che accezione fosse usata (probabilemtne con nessuna, ma solo come una parola a caso :P) in ogni caso è interessante pensare che probabilemnte in tutte e tre le accezioni mi sembra di ritrovarmi pienamente. :D scappare dalla civiltà che ti fa lavorare tutti i giorni della tua vita, per starsene, per quanto possibile un po’ nei monti. negare la civiltà, impossibile negare l’evidenza, però cancellarla e dimenticarla un po’ dalla propria vita perchè no? non era forse proprio questo il nostro obbiettivo? e distruggerla? beh, anche distruggerla, credo non ci sia arma migliore che l’esempio. e non c’è esempio come prendere e andare a fare ciò che ti piace e ti fa stare bene. quindi insomma, sto termine lo ha azzeccato il nostro personaggio!? forse poteva usare “A”civili? mi sarebbe piaciuto di più. avrebbe sicuramente dimostrato un minimo di senso critico e fantasia linguistico/semantica, ma comunque già il complimento ha avuto la sua efficacia.

step 2. cos’è la civiltà? tranquilli non vuole essere un saggio antropologico, sono un povero ingegnere (per quanto potrei avere un ampio supporto dal fronto umanista ahah! ;P). ma qua, dico, nel piccolo, cos’è la civiltà in questa storiella? la civiltà oggi è l’apparenza. tornando a pirandello la società è chi ti fa imbellettare. chi ti fa il lavaggio del cervello e ti convince che per essere nel giusto devi essere o fare qualcosa. e oggi devi essere un teatrante, devi apparire in un modo, fare certe determinate cose, ma soprattutto mostrare di farle. devi sembrare. devi apparire.
senza entrare nel, peraltro interessantissimo discorso dell’io “staged”, ne tantomeno in discorsi astratti sulla natura della coscienza, rimanendo terra terra, è lapalissiano come il terreno di gioco per eccellenza della società dell’immagine siano i social network.

credo e spero di star raccontando evidenze: il libro delle facce è prendere la vecchia di pirandello, toglierle il contesto sociale intorno e mettere solo la sua faccia isolata anche dal contesto, che è ciò che potrebbe per sbaglio indurti la riflessione critica ed amara. (se lui non si fosse accorto che la vecchia era di fato vecchia non avrebbe pensato che era fuori luogo il suo trucco)

si da al caso che in questa situazione, tornando al suddetto fatto di cronaca nera, quel retroscena sia, ahimè, assai chiaro e arcinoto, (mentre invece non lo era la facciata finta!! a dimostrazione di ciò io sarei caduto dalle nuvole e mai mi sarei accorto di quello sputtanamento inventato e gratuito se non me l’avessero segnalato gentilmente: allora forse sono davvero abbastanza incivile da non farmi gli affari degli altri su fb, che bello!! ;D). ed è da questo dato, ossia dalla realtà tanto distante dalla facciata finta della realtà virtuale, che appunto nasce il secondo step di riflessione: beh, il personaggio è perfettamente civile, su questo non ci piove. così civile che non solo usa un social network per esprimere il suo profondo dissenso, addirittura lo fa con la copertura di una pagina paraistituzionale. (ancora una volta civiltà uguale istituzioni, che bello! :D). [non entro poi qua nel tema dell’inutilità e dannosità delle istituzioni, andrei fuori tema.] sottolineo solo come sia triste che la pagina usata sia proprio quella di una scuola di alpinismo che invece rispetto profondamente per molte persone che conosco e che, a differenza di questo personaggio, fanno un gran bel lavoro, andando in montagna invece di sparare cazzate su internet e facendo così di quella sezione cai una scuola cai esemplare, della quale io stesso fui allievo vivendo un’espereinza umanamente molto bella.

riassumendo un civilissimo paladino della dell’immagine usa un social network per ribadire la sua appartenenza al mondo di finzione scrivendo cose che sono perfettamente consone (in quanto.. non stanno ne in cielo ne in terra :D come vedremo) per screditare agli occhi di quella stessa civiltà falsa chi da quell’arena cerca di scappare in cerca di autenticità. bello, fila!

step 3. se la civiltà è oggi l’apparenza, scavando sotto può esservi quindi distanza dalla realtà. in questo caso non solo si tratta di distanza, si tratta proprio di un salto a piè pari. qui sta la cosa più struggente, il giudizio gratuito. questa persona dice di essere “palesemente sicura” del fatto che queste scorie siano state lasciate volontariamente. (è scritto lì, nel post andate a rileggerlo!! giuro! ahah! ;D). ora, che questo incredibile atto di sabotaggio della civiltà di abbandonare dei rifiuti in un posto di passaggio sia una mossa geniale che porterà a breve al declino della civiltà occidentale non c’è dubbio! ;D dubbi possono rimanere su quali altre prospettive potrebbe aver avuto come obbiettivo questa azione (di protesta contro i massi che erano duri? o contro il sentiero che era troppo in salita? o forse contro i cavalli che ci brucavano i sacchi a pelo, beh dai, quest”ultima la più plausibile.. :D).

resta però che mister x poteva benissimo contattarmi e chiedermi se per caso avessimo saputo che li c’era quella roba, e perchè fosse li, se avesse voluto. sono certo del fatto che la possibilità ci sia stata: addirittura un amico si era offerto gentilmente di fare da tramite se a X fosse per caso interessato contattarmi. insomma, se avesse voluto avrebbe potuto, non c’è dubbio. e non l’ha fatto. non gliene fregava minimamente insomma, parrebbe, di capire cosa fosse successo. o soprattuto di provare a verificare quella verità assoluta che lui conosceva, ovvero “le nostre intenzioni!” (come vederemo anche in seguito probabilemnte aveva acceso diretto a qualche file di registro della nostra mente dove sono registrate le intenzioni!! :D)
e ancora, non poteva sfiorarlo neanche al curiosità di indvestigare perchè ci fosse quell’abominevole secchiello di polenta. di provare a capire il problema e risolverlo. no. non gli interessava neanche giocare al gioco del giornalista, indagare, scoprire l’arcano e il colpevole e soprattutto “la verità”, e poi farsi profeta e pubblicare la sua versione dei fatti misteriosi, scoperti. no, assolutamente. quello che c’era sotto proprio era l’ultimo dei problemi. l’importante era avere le prove e il colpevole. eccole, le foto che compaiono li sotto. si è dimenticato il nastro dell’antidroga, poi sono perfette foto militari, di quelle che usa la polizia per l’articolo sul giornale quando arresta qualche poveraccio che si coltivava la sua ganja. ho le prove, ho gli strumenti (la password dell’account della scuola cai), posso fare la mia pubblica denuncia e divenire celebre. un paladino della giustizia. anzi no, scusate, della “CIVILTA’!”.

step 4. approfondendo un po’ rimangono due temi chiave, un po’ più profondi e complessi, e sono le ragioni che hanno spinto il suddetto a fare ciò che ha fatto, e il tema del giudizio.
perchè uno dovrebbe farsi paladino? perchè è quello che la nostra civiltà di merda oggi ti impone. non solo essere un bravo bambino. ma soprattutto farti vedere tale agli occhi degli altri. anzi, del bravo bambino chissenefrega. basta l’immagine! “mi raccomando, a casa puoi drograti, però poi esci con la camicia e le scarpe lucidate!” quindi ok, la prima causa che mi viene in mente, ma parlo di questo caso per parlare ovviamente in generale, è la vanità. farsi belli. e non si è mai abbastanza belli.

ma perchè allora farlo con la pagina dell’istituzione però? fatti bello da solo con il tuo nome no? beh, avere un pubblico più ampio e soprattutto la copertura morale. però poi mettere il nome per il riscontro pubblicitario. chiaro. una strategia forse neanche elaborata troppo ma sicuramente vincente. e l’accettazione sociale, anche. cazzo sì, sputtanando quegli incivili, non si può che essere “più civile della media”!! (ahahah!! brao! ;P)

ma allora mi viene quasi il dubbio che forse.. forse forse.. più uno scrivendo cose si allontana dalla realtà.. non è che forse c’ha la coscienza sporca uno che scrive male gratuitamente di qualcun altro? si sente di essere bravo e bello ma non riesce a dimostrarlo alla società! cazzo mi dispiace. se devo essere sincero, di questo mi dispiace. perchè spesso è vero, quando te ne vai per monti a volte fai cose belle che non verranno pressochè mai riconosciute da nessuno. e se non ti basti, se non sei capace di renderti conto da solo che quello che fai è bene, è giusto, è positivo; se hai bisogno dei mi piace su facebook allora si, il mondo della montagna è crudele. puoi raccoglierli con fotine carine, oppure, forse ancora più efficace in questo modo. ma che tristezza. eppure c’è chi, e fino all’altro ieri, senza internet la gente lo ha sempre fatto, riusciva a vivere bene anche senza l’apporvazione sociale del social network. e continuava ad andare in montagna. un amico parlerebbe di selezione naturale: non reggi una vita senza supporters virtuali, non sei fatto per la montagna. magari ci liberermmo di diversi problemi forse, e il mondo montano sarebbe piu bello e puro!
invece per il momento continuano a esistere queste scappatoie. e se sono forse efficiaci, sono anche indubbiamente tristi. restando alle soluzioni ai problemi di autostima è interssante considerare come l’idea dell’essere il portatore della verità, ma non solo, anche il suo esecutore possa facilemente scadere nella logica dello sputtanamento gratuito, e si finisce veramente male. basti pensare a quelle società ipercivili come quella neozelandese o australiana, dove ti denunciano per ogni cagata e via, sei li tutto il tempo su internet a sputtanare gente e ti dimentichi di andare in montagna!! ah osti, vuoi che allora forse qua c’è nascosto un’altra piccola causa? mi è venuta scrivendo riguardo il tempo! già, brutta bestia, potrebbe essere l’invidia. ebbene si, come era noto che eravamo stati qualche tempo, e al contempo è noto che la fottuta civiltà poi ti ruba il tempo anche per respirare, perchè devi lavorare sempre, allora magari anche un briciolo di invidia rodeva al nostro mister x? perchè noi eravamo stati in giro a spassarcela? bo, in generale comunque, sui social il tema invidia, e “io ce l’ho più grosso” è un fantasma che si aggira e che fa disastri più grandi di quello che ci possiamo immaginare. (qui lo ipotizzo e qui lo dico senza basi ma su osservazione personale..)
un altra delle cause che potevano giocare in favore dell’idea di scrivere questo sproloquio potrebbe essere l’ignoranza. ma l’ignoranza no, in questo caso non gioca. per quanto io sia di quelli che considerano in generale l’ignoranza una colpa, (la butto li, non entro nel dettaglio), questo è uno di quei casi. e addirittura non la ritengo tale, anzi! potremmo chiamarlo forse ignoranza volontaria ecco. ma se so e fingo di non sapere e anzi, non voglio sapere, allora no, mi spiace, non ti guadagni neanche l’attenuante di essere ignorante.

step 5. e proprio questo tema mi fa entrare nell’ultimo livello, quel sul giudizio. sono stato qualche giorno in toscana recentemente con un amico, e parlavamo molto del tema del giudizio. del giudizio/pregiudizio. di come sia sbagliato e come porti male (bad vibes) nel mondo. e di come sia quasi sempre dovuto alla mancanza di comunicazione. nei nostri discorsi si parlava di un livello alto di mancanza di comunicazione, quando si ragiona a livello di organismi intelligenti che però devono comunicare sensazioni complesse, stati d’animo, emozioni e pensieri intrecciati e confusi, oltre che complicati. quando trasmettere l’informazione è difficile per la difficoltà di decodificarla. e allora a volte non si comunica, si spera che l’altro capisca, nascono malintesi e se si fondano dei giudizi su dei malintesi nascono le cattive vibrazioni. ora, non è questo il caso, assolutamente. qui la mancanza di comunicazione, come detto, è una scelta e quindi va condannata de todo modo. girando invece la frittata emerge un fatto curioso, che ci da, almeno credo, la dimensione e il livello del discorso di chi scriveva quello sproloquio, ed è quella frasetta: “IN MONTAGNA NON C’è POSTO PER CHI NON SA APPREZZARLA E RISPETTARLA PRONFONDAMENTE”.
ancora una volta mi viene parecchio da ridere, perdonatemi, effettivamente mentre scriveva queste righe doveva essere lui stesso molto divertito oppure non le ha rilette, se no avrebbe messo quantomeno qualche faccina ahah!!! :D
effettivamente potrebbe essere benissimo una cattivissima imitazione di un post twitter di salvini, ma anche salvini stesso penso si offenderebbe. comunque, continuiamo e proviamo un secondo a leggere questa roba. ne evidenziamo 4 elementi:
1- la montagna è di mia proprietà e io decido arbitrariamente chi entra e chi esce e scrivo delle regole!! ahahahah!!
2- non c’è posto (ahaha! ma l va n gir o chè!?) ahaah!
3- apprezzarla! apprezzare è un verbo che si riferisce a una sensazione provata dall’individuo stesso: ah, come prima, ancora una volta ha avuto accesso alla mia memoria delle sensazioni (proprio quella difficile da comunicare)!! dovrebbe scrivere a elon musk che è lì un po’ in difficoltà col suo progetto sull’AI (artificial intelligence)(qui per approfondimenti, molto figo, dei bravissimi wait but why: https://waitbutwhy.com/2017/04/neuralink.html).
4- rispettare la montagna!! aspetta, prima mi parla di civiltà, e fin li tutto bene. adesso invece un individuo a caso, con sopra il nome di un’istituzione che di boiate sul tema del rispetto della montagne ne ha scritte a valangate, senza minimamente specificare cosa intende, si lancia sul tema del rispetto! [non entro nel merito, non è il caso assolutamente ahah!!)

questi punti pensavo di commentarli uno a uno ma rileggendoli mi sembra davvero inutile, penso parlino effettivamente da soli! anzi, si potrebbe riassumere in una pretesa di onnipotenza (dal totale controllo degli spazi del mondo, fino al controllo e conoscenza delle sensazioni degli altri, che vita!! ahah!! :D), o forse invece semplificare nel delirio scatenato dalla mania sensazionalisitica della società dell’immagine di cui parlavamo prima. spero sia quantomeno l’occasione per qualcuno di riflettere su chi ha accesso alla password di un account istituzionale. :D ( e temo e spero che presto gli cambieranno la password ;D)

step 6 o conclusione.
queste righe le ho scritte perchè questi pensieri mi avevano incuriosito. da un lato la tranquillità di essere nel giusto e di essere tranquillo e di amare quello che si fa, che in effetti questa storiella mi ha ribadito e fatto apprezzare quanto chi non ha questa fortuna deve penare ogni giorno, per raccontare a se stesso (o alla civiltà stessa di essere nel giusto); poi il discorso sui social, che è il solito discorso trito e ritrito, ma che a dimostrazione di tutto torna ogni giorno più lapalissiano; e tra tutti anche l’idea del rapporto con la civiltà, quello è stato curioso. citando a memoria un testo dei tre allegri che mi sembra suonasse qualcosa come: “Civili così civili, // per sentirci un po’ più liberi?”. liberi? da cosa?

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