Nel paese dei baloch

quest’estate, di ritorno da siviglia, ho pensato che un bel modo di fare una full immersion di montagna che mi riportasse ad avere quel feeling con i profili dentellati e i profumi della vegetazione di montagna, fosse andarcene a stare per un po’ di tempo lassù nei monti.

siamo stati diversi giorni, 19 alla fine, quindi di cose da raccontare ce ne sarebbero a bizzeffe, dividerò il post in 3 sezioni:

1. questa, che è il racconto per sommi capi;
2. una con i commenti e suggerimenti e consigli tecnici sulle vie che abbiam fatto (qua);
3. se riesco qualche considerazione un po’ più filosofica, pensieri che mi bazzicavano per la testa saltando da un masso granitico all’altro. (coming *aperiodically :D)

enjoy.:D


l’idea

era un po’ che l’idea bazzicava, era solo ormai questione di organizzare le idee e poi metterle in pratica. avevamo dei principi base da cui partire: l’idea di voler stare in giro, quanto più possibile in autonomia, separarci per un po’ dalla civiltà, dimenticare le automobili, con lo stress che comporta il traffico, i supermercati, la fretta e i tempi della quotidianità e della routine. ancora ci paiceva dimenticarci forse della civiltà e della società che ci è imposta, quella ocn cui tutti i giorni bisogna svegliarsi e lottare, fatta di sistemi e dinamiche schiavistici che agiscono nostro malgrado su ognuno di noi, così come da rapporti sociali inevitabili terribili, ai quali volenti o nolenti bisogna spesso adeguarsi nel momento in cui si decide di vivere in un determinato posto. volevamo insomma separarci per un attimo da tutto ciò, alienarci un po’, per riuscire a stare un po’ in pace e vedere il tutto con un po’ più di chiarezza. per rimanere solo con il bello delle cose, la montagna, e gli amici che ci fossero venuti a trovare.

l’idea era poi quella anche che stare in giro ha i suoi vantaggi: sulla classica uscita alpinistica ti togli parte degli sbattimenti: sveglia prestissimo si riduce in sveglia presto, avvicinamento in macchina eliminato del tutto, avvicinamento alla parete si riduce in parte dell’avvicinamento, a seconda di dove si sta e dove si va, ma in generale si accorcia, il rientro idem con patate. inoltre si ha il vantaggio di poter vedere la parete, capire quando è il momento giusto per andare o dove andare. i contro c’erano comunque: bisognava portarsi appresso tutta la baracca negli spostamenti: materiale da arrampicata, più tutto il necessario per vivere.
la strategia che abbiamo adottato è stata quella di un giro itinerante organizzato su campi base: abbiamo portato dei pacchi di cibo a lunga conservazione in alcuni posti e saremmo passati poi, sempre via monti, a unire i puntini, fermandoci nei pressi del cibo finchè questo durasse, in maniera da ridurre l’influenza del peso del cibo nei trasferimenti.

primo campo: tredenuss

in primis saliamo da volano in tredenus, siamo una bella squadra, ma in parete siamo in 3: io filo e filip, che si aggrega con noi per i primi 3 giorni. decidiamo di accamparci bassi, dove filip, che è un caiano brenese, ci dice essere più comodo, essendoci una griglia e il fiume: che effettivamente sono due lussi che su al macherio rimpiangi.
quindi viette di giorno e poi giù fino al campo base: le camminate si allungano di un’oretta abbondante, ma ripagata in tutto e per tutto dalle ottime cene. un fantastico farro ocn verdure grigliate che ricorderemo a lungo e una cena a polenta e formagella, da paura! :D

in questi primi due giorni saliamo la via degli amici al corno delle pile, e la via giovani formiche al gemello settentrionale, entrambe vie divertenti e su roccia bella, standard tredenus! il terzo giorno optiamo per una vietta sul naso, terribile idea, ci andiamo a infilare su un aborto del damioli terminato da amadio, che non ha nessun senso ripetere, risuciamo a scappare da una cengia ed evitare l’ultimo o gli ultimi due tiri di questa robaccia e scendiamo.


filippo scende e noi saliamo al bivacco, dove resteremo ancora qualche giorno, più però in relax: ci facciamo una girata a piedi esplorativa: una visita non guidata alle perle della valle, questa era l’idea! alla fine a watermelon non ci siamo arrivati, ma facendo le creste di craper siamo comunque scesi fin al passo di mezzamalga e poi giu epr il sentiero del quinto reggimento e poi su di nuovo. na sgropada, per i miei standard, comunque divertente. arriviamo su e il bivacco è occupato da una mandria di 6 scout, su 6 letti, che hanno cacciato il robbit, che venivaa trovarci. lo individuiamo con dei richiami acustici: come un camoscio spunta tra le creste! mangiamo la nostra cena con uno splendido tramonto sulla concarena di fronte, con l’idea di dormire fuori, anche se arriva il temporale, mentre alla fine scopriamo che i genitlissimi scout si sono arrangiati 2 per letto e ci hanno lasciato comodi comodi! super! il giorno dopo arriva anche il mauro, ma siamo indecisi sul da farsi: facciamo una girata a cercare fessurine di incastro dove far boulder in cresta direz colombè, poi io e mauro torniamo e facciamo un giro sul gran diedro (con speziate varianti :D), gli altri due scendono con l’idea di farsi un bagno al lago d’arno, ci troviamo la sera, cenetta e a dormire presto che l’indomani ci aspetta..

il primo trasferimento
probabilemnte la giornata più impegnativa del giro: partenza dal macherio, destinazione rif. lissone. sulla carta una quisquillia. per qualsiasi medio camminatore sarebbe da ridere, poco più che una tappa del sentiero numero uno. siamo in 3, mauro è sceso, il robbit invece, stoico, rimane del gruppo, prezioso aiuto per me per dividere il carico. filo invece se ne infischi a e si carica i suoi quasi30 chili da solo. abbiamo la genialissima idea di lasciare tutto il cibo avanzato al bivacco. ok, questo era il piano, ma lo seguiamo talmente alla lettera da nonp ortarci neanche un pacchetto di uvette per la traversata! leggerezza assoluta: il nulla! arriviamo già provati al maria e franco. scendiamo barcollando al passo di campo dove non si sa come resistiamo dall’assalire qualche turista che addentava bellamente il suo panino in nostra presenza. saliamo stringendo i denti le catene del primo tratto di risalita successivo, quindi collassiamo 10 minuti. poi ci trasciniamo su fino alle creste, ormai devastati ondeggiamo sui saliscendi del sentiero e in qualche maniera rotoliamo giù fino al lissone. arriviamo che è praticmaente notte. ma arriviamo. e lì c’è il nuovo pacco di cibo. e l’accoglienza dei gestori è ottima e ci lasciano montare la tenda a lato del rifugio, zero sbatti super comodo. e mangiamo come mai e dormiamo come mai, che il giorno dopo piove! il robbit scappa alle 5 del mattino e io neanche lo sento uscire dalla tenda.


secondo campo: val adamè

il primo giorno è di riposo: pioggia, appunto. mangiamo una pasta al rifugio e approfittiamo della stufa per starcene al caldino a leggere, un po’ dentro, un po’ li fuori nel sacco a pelo. approfittiamo pe studiare la valle e vedere gli obbiettivi: il domenico ci racconta che qualcuno è salito a provare ultima tentazione, ma che di solito la gente scende al primo spit, dove c’è una maglia rapida, perchè c’è un passetto “un po’ stronso, ma sarà 6b”… l’idea frulla nella testa, da quando il rino ci aveva raccontato delle sue peripezie su quella via, però per il momento la parcheggiamo e puntiamo all’esplorazione. spostiamo il campo un po’ più in su, oltre la baità adamè, e ne approfittiamo, martedì, per provare una vietta del gianni tomasoni sul coster, 1000 splendidi soli, per prendere confidenza con lo spalmo granitico. facciamo un po’ di tiri, poi viene una grandinata, ci ripariamo sotto un tettino. smette, ripartiamo artificlamndo sule colate e spalmando dove si riesce, poi di nuovo acqua a catinelle, allora giù, l’è mia l dè! ovviamente finiam le doppie col sole che splende. amen. sistemiamo il campo base, facendo un altro viagio fino al lissone a recuperare il cibo. giorno dopo giretto al gioià: il tempo che sembrava instabile ancora, regge e ci lascia salire sogni di baku fino in cima.

rientriamo e ci tocca ancora una volta scendere verso il lissone: arriva uan compagnia di gente a trovarci: ancora l’instancabile robbit, questa volta si è portato morosa, soci edolesi e soci cremaschi! grandi!! allora andiamo loro incontro (filo diretto a corse dalla via, io dormo una mezzoretta poi parto ahah!) e li accompagniamo su. recuperiamo uan formagella dalla malga e accendiamo il fuoco con quel poco di secco che resta dei pochi ontani della valle, lastrone di granito come piastra e via, con la calma, si cucina che è un piacere. filo si distrugge col dolcetto, noi rimaniamo a veder le stelle, bella serata!

il giorno dopo riposo dovuto: finalmente monto l’amaca e ne approfitto. verso sera accompagniamo i ragazzi che scendono e diamo un’occhiata alla parete per domani: sto cercando in tutti i modi di convincere filo ad andare su a curiosare al corno di grevo, per quanto lui non ne voglia sapere. rientrando la sera ci fermiamo a far due parole col rifugista, scopriremo, volontario del baità adamè: marco, ci racconta un po’ come funziona la baità eccetera, e scopriamo di avere qualche ideuzza in comune che sarebbe bello concretizzare in futuro. bello! ci offre anche una fetta di torta! salutiamo e reincontriamo la mattina dopo quando alle 9 e mezza, passiamo di li diretti al grevo. già, non so come mai ci siam svegliati tardi, ma ormai siamo in ballo. filo non è per niente convinto e le inventa tutte, però acconsente e alla fine arriviam su e risuciam oa salire questa chicca che è ultima tentazione. scendiamo con le frontali e arriviamo al baità adamè a sera inoltrata. incontriamo ancora marco, che è riuscito a intercettare, su nostra richiesta telefonica dal lissone, il mauro, che vagava al buio alla ricerca della nostra tenda. ci fermiamo a far due chiacchiere e scendono altri due dai gioià, che si erano fati una bella girata esplorativa, tentando un nuovo avvicinamento e una particolare discesa! super adventure, altro che la nostra vietta sportiva! ci fermiamo a far due parole super piacevoli: bello incontrarsi al rientro da giri tanto diversi in ambienti selvaggi e cari come le montagne adamelliche! ce n’è da raccontare e scambiarsi informazioni per tutti!

giorno successivo con mauro saliamo con l’idea di fare una vietta al coster del gioià che è ancora inesplorto, per curiosare, ancora una volta, una chicca della valle, che potrebbe essere un progetto molto futuro: controllo totale! ancora una volta lo zampino dei fratelli ferri ha creato questa chicca, raccontataci dal rino in val salarno e anche dal domenico pochi giorni prima: “ah, se volete, c’è un’altra via che non ha ripetizioni, qui al coster, anche quella sarà sul 6b..”. qua però ci guardiamo bene dal cascarci, e puntiamo una via che si chiama “la vacca di nonna papera”, per intendere lo spirito guerriero della giornata. io in realtà sono veramente distrutto dalla via del giorno prima e mi continuo ad addormentare ovunque: raggiungiamo l’attacco di controllo per la visita di rito e mentre filo decide in un attimo di follia di provare ad attaccare il primo tiro, io, dopo averlo avvertito della follia del suo gesto, mi addormento su una placca li vicino. mi sveglio che è appeso al primo spit e sta pensando a qualche piramide umana per scendere, e, recuperato il rinvio, decidiamo che anche nonna papera può aspettare, trotterelliamo giù al campo base che il mauro deve tornare a casa presto.

domenica salgono i miei a trovarci: giretto a piedi verso il baroni, quindi pranzo al rifugio. è qui che conosciamo il piero, cuoco volontario li alla baita. non solo ci servono il pranzo alle 4, e ci riservano un’ottima accoglienza, tra lui e il marco, ma chiacchierando ci suggersice che nei prossimi giorni sarà li da solo a lavorare, così ci proponiamo di dargli una mano, che accetta di buon grado. salutiamo i miei, smontiamo il campo e ci trasferiamo sotto il tetto della baita, su un materasso vero dopo un bel po’ di giorni. è civiltà questa? ci chiediamo? beh, in parte lo è, perchè emergono le dinamiche della civiltà, con personaggi che bazzicano e le loro storie. però resta lontana e questo resta comunque un posto di pace: si alvora duro col piero, che però è gentilissimo e super disponibile, ci insegna diverse ricette e trucchi del mestiere, oltre che nutrirci nel migliore dei modi. e poi ci racconta storie: storie vere, storie forti, della sua vita e di cose che ha visto e vissuto, bello cazzo, grande il piero! dopo un paio di giorni arrivano altri volontari e noi dobbiamo ripartire:

secondo trasferimento
partiamo accompagnati dal piero e dal remo, un signore amico del piero che si fermava li qualche giorno, direzione passo della porta di buciaga. ci accompagnano quasi fino al passo (chapeau!) poi ci salutiamo: gli occhi lucidi del piero per la commozione ci lasciano il segno e la voglai di tornare a trovarlo: magari scendendo ripasseremo! intanto però ci dirigiamo in val di fumo: dal passo della porta si staglia in grande splendore davanti a noi il carè, tutta la cresta fino al crozzon di lares e poi al corno di cavento! spettacolo! trotterelliam giù fino alla valle e poi fino alla malga dove abbiam lasciato il cibo, lo recuperiamo e imboschiamo li nei pressi e optiamo per un campo volante: domani si riparte subito per il carè.

terzo campo: val di fumo

sveglia presto e via, direzione passo delle vacche: andiamo alla sud del carè alto a fare la via del franz salvaterra, sogni erotici. partendo di qua è un bel pezzetto arrivar su, sono quasi 4 ore e essendo a sud prende sole, così arriviamo all’attacco che è già sul limite del pericoloso, cade qualceh scarica appena siamo alla prima sosta. comunque siamo in parete e tutto bene, ci facciamo al nostra vietta e arriviam su nelle consuete nebbie che avevamo visto anche il giorno prima: l’idea era quindi di bivaccare in vetta e così facciamo, concedendoci anche un bel falò al gusto di catrame, prima di addormentarci sugli scomodi sassi dell’anticima sud.

notte freddina e scomoda, specie per il mio sacco a pelo leggero, ma si dorme. il giorno dopo dobbiamo scendere e non sappiamo da dove. optiamo per la cresta sud ovest che si rivela una scelta super azzeccata, non solo perchè la sua ferrata dur-anteguerra si rivela trapelante di storia, ma anche perchè va nella direzione giusta e ci permette di non pestar neve, visto che abbiamo solo un paio di ramponi in due. arriviamo giù belli cotti, allestiamo un campo alla buona abbastanza vicino al rifugio e facciamo una mangiata colossale: abituati a lauti pasti, avevamo portato giusto un paio di scatolette di tonno per il bivacco e siamo scesi scannati dalla fame! quindi ci godiamo il meritato relax nel pomeriggio, incerti sul da farsi. domani dovrebbe arrivare filippo e anche checo, ma non riusciamo a contattare nessuno perchè no va il telefono. che fare? siamo veramente distrutti e pensare di risalire su alle pareti è veramente psicologicamente una mazzata! mangiamo e dormiamo e il giorno dopo beviamo uan birretta con papà e zio di filo che passano a trovarci facendo un giretto di corsa. li salutiamo e lipperlì, al rifugio, decidiamo di essere a pezzi e che forse possiamo accontentarci. chiediamo alla prima persona che ci capita se per caso scende a brescia e ci dice che sì, e allora andata, abbaumo un passaggio alle 4: cerchiamo di mangiare tutto il possibile, regaliamo un po’ di cibo ai ragazzi della cooperativa della maga che ci avevano tenuto le cose, e il resto ce lo carichiamo sulle spalle: con zaini sui 25/30 chili ci avivamo trotterellando verso valle, non senza scende divertenti come lo zaino di filo che rotola nel fiume mentre ci concediamo un benefico bagno sotto gli sguardi attoniti dei turisti domenicali.

bel gir dai! :D

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