Camminare tra le fantasme

quando andavo alle medie era football manager. se ci ripenso mi vengono i brividi. ma mi sembra proprio che il primo sia stato footballmanager. poi needforspeedd undergound 2 e via dicendo. anzi, forse ancora con la play tutto era iniziato? neanche! addirittura prima c’era age of empires II! e quella volta che mi ero svegliato alle 2, la notte di santa lucia, perchè avevo scoperto la storia e sapevo che il videogioco di yugi-oh (?) era li ad aspettarmi, ci avevo giocato tutta notte e poi via, fingere la sorpresa la mattina dopo.

ma no, non fatevi l’idea che fossi un patito di videogiochi. lo ero come lo eravamo tutti, visto che, nonostante i tentativi dei miei di distogliermici, ai tempi ci davano questo in cui credere. la stessa cosa valeva anche per quelle volte che andavamo a fare gigante in pora alle ancore: ricordo dei bei pomeriggi di su e giu a manetta, l’allenatore fermo a fine tracciato e no ia girare come delle trottole.

ecco, tutte queste situazioni erano situazioni che mi mettevano nell’attesa: facevo quel che dovevo fare, perchè dovevo farlo, e spesso interrogandomi sul perchè dovessi farlo. ma la mia testa era già rivolta altrove: verso il livello successivo di un videogioco, o verso la seggiovia del pora.
e lo stesso sarebbe poi stato per le giornate a skateare qualche streetspot figo, che ti preparavi da giorni, oppure per provare il tiro nuovo a maelì che ancora non ti eri osato ad affrontare, ma le sera prima scendendo dalla falesia, avevi deciso che domani sarebbe stato il giorno.

attese e progetti, che riempiono le giornate, insomma.

passiamo ora alle paure più estreme. al terrore proprio. a me poche cose nella vita avevano dato questa sensazione. si, le placche del wenden un pochino. ma poco. li avevo in generale il controllo della situazione. qualcosa telo lascia inventare la montagna. invece una situazione disperata, dove il vuoto è tutto intorno a te, altra via non c’è e la sicurezza di cadere verso di lui è così elevata, non l’avevo mai provata prima.

e invece sono finito in questo trip delle highline. e ci sono finito con la modalità ossessiva dei videogiochi di quando ero ragazzino. la cosa peggiore che ti possa capitare: passare le giornate nell’attesa di andare a fare qualcosa che ti paralizza il cervello. che ti mette davanti tutta la tua piccolezza e incapacità di gestire le tue paure. alla pochezza che può la tua ragione contro l’inconscio.

già, perchè camminare linee in alto, almeno agli inizi, visto che posso parlare solo degli inizi per il momento, è sostanzialmente un’avventura di questo genere. almeno, per me, che progbabilmente sono un cagasotto particolarmente soggetto alla paura del vuoto e alla soggezione lo è.
perchè ti fidi ciecamente del tuo imbrago. lo sai che terrà come ha sempre tenuto. e il leash è lungo un metro, non andrai tanto lontano. le soste sono super bomba, fin a trop. e quindi la catena di sicurezza è indistruttibile.
eppure

già, eppure.
eppure sei lì. seduto. su una fettuccia larga una manciata di mm. 25 per l’esattezza. che se ti siedi col culo dritto ti fa male all’osso sacro. ma se ti sposti appena appena balla tutto. allora ti sposti sulla chiappa per un attimo e aspetti che si fermi. poi torni in mezzo e ti rendi conto che sei super teso di addominali. vorresti distenderti, rilassarti. sarebbe fondamentale. respira cazzo. respira! ti gridano gli altri. pensare a qualcosa di bello. pensare a qualcosa di calmo. oppure concentrarsi. o svuotare la mente. le provi tutte. guarda l’ancoraggio. dai che sei al parco. scoiattoli volanti? gattonero sotto un cielo verdechiaro verde chiaro. sono al parco. sono in spiaggia. ah che bel tramonto. dai che so camminare alla fine cazzo! devo solo fare una cosa che so fare e ho fatto decine di volte al parco.
eppure no.
non basta.
merda nel cervello a badilate.
questa è la stringa di risposta che invia il tuo subconscio a tutti i tuoi tentativi di corruzione.

le prime volte ti rassegni e torni scarrucolando all’ancoraggio, un po’ afflitto un po’ alienato da questa esperienza mistica.
e soprattutto sconvolto. non tanto dal giro che hai fatto. quanto dalla consapevolezza che tornerai a casa, ti mangerai le mani per non aver avuto le palle. di fare cosa?
di muovere il tuo fottuto culo. di dieci centimetri. 10? forse meno! forse 6 o 7 bastano. alzare il proprio culo sul proprio piede.
forse è vero, diceva un mio vecchio coinquilino, che la pigrizia è il male dell’uomo. e spesso vedo la gente arenata sul divano, che a smuovere il culo proprio non ce la fa. che a uscire dal proprio giardino non riesce nè a concepirlo, nè ovviamente tantomeno a praticarlo.
eppure qua non è la pigrizia. la mia volontà è ferrea. vorrei alzarlo il mio culo. anche perchè a star qua seduto mi distruggo il morale e la sanità mentale! vorrei vorrei vorrei. ma niente. picche. il culo sta giù. e non perchè non sono stretchiato. o ho blocchi articolari. nono. lo stesso identico movimento ieri al parco era la cosa più sciolta e naturale del mondo.
invece qua è diverso.
diversissimo.

davvero sono così molle?
sì tap, torna a casa.

fine della conversazione.

poi però il giorno dopo vai a lavorare. e la tua giornata scorre via nel vuoto del lavoro dipendente. ma qualcosa bussa lì in fondo. e tu già lo sai. e forse non vorresti aprire, vorresti correre a mettere la testa sotto il cuscino e fingere che non ci sia nessuno. e invece no. sei corso entusiasta alla porta, esci da lavoro col sorriso, salti in macchina e vai! con una motivazione incredibile. che sembrerebbe avere del patogeno! però vai. arrivi lì stracarico e confidente che forse oggi è il giorno giusto.
per cosa? camminare?
magaari!!
piano piano.

il primo passaggio è molto più tosto. cadere nel vuoto. buttarsi giù. e restare appesi alla corda. in gergo leashfall! cadere non è per niente scontato. nè come esecuzione, ma soprattutto come blocco mentale! buttarsi a testa in giù, verso il vuoto, qualsiasi cosa ci sia sotto di te, non è facile all’inizio. per niente intuitivo, soprattutto. spiegaglielo al tuo subconscio il discorso della catena di sicurezza. dei kilonewton..
un muro. lui non vuole buttarsi.
eppure.

stavolta l’eppure è buono. eppure arriva prima o poi il momento che, insisti insisti, il subconscio va un attimo a pisciare e se sai cogliere l’attimo butti su il culo. e poi anche il piede magari. e poi non capisci più un cazzo. buio. vuoto. gira tutto? bo. non ci capisci un’ostia. e ti ritrovi giù. appeso al leash, un metro sotto la linea. come previsto dal calcolo razionale. non poteva andare diversamente. magari sei caduto bene, se sei fortunato. più probabile hai fatto qualche rimabalzo a testa in giù e nno sei piegato in due dalla strizzata è solo grazie al subconscio che ti ha fatto stringere qualche muscolo giusto nel momento giusto.
però sei giù. l’hai fregato. ce l’hai fatta. sei andato oltre a un limite enorme. magari ti sei fatto malissimo e la motivazione per rifarlo dovrà essere ancora più grande perché la scusa non ti fai niente a fare highline hai scoperto che è una cazzata inventata dai pro per farti smuovere il culo. magari la fortuna dei principianti non ti sei fatto niente e ti è andata bene. sicuro i primi leash sono belli traumatici. anzi, i primi in realtà non capisci neanche che cazzo stia succedendo. soprattutto questo.

però, c’è un però.
una sicurezza c’è: hai sconfitto una barriera. superato una limite. distrutto una barricata. enorme e invalicabile fino a qualche istante prima. tanto più grande quanto più radicata nel tuo cervello! eppure ce l’hai fatta. ti sei buttato giù. starai tremando come una foglia o balbetterai dall’entusiasmo.

però. però eccoci. la motivazione trova in questo una manna dal cielo. il giorno dopo in macchina verso il lavoro, guardo le vallate adamelliche nel primo sole, sorriso stampato, e una cosa in mente: ancora cazzo!

e a leashfall segue leashfall. poco a poco cerchi quantomeno di imparare a cadere. che è già tanta roba. ma quando lo impari già hai qualche sicurezza.
e poi bo. i primi passi arriveranno?

per me questo regalo è arrivato settimana scorsa. situazione perfetta. sulla linea chiodata dietro casa, nella valletta percorsa mille volte nella vita, con mille pensieri in testa o spensierato, col sole la pioggia la neve. da solo e in compagnia.
mai avrei pensato che ci avremmo chiodato una linea. mai che avrei messo dei fix col trapano nel calcare della cornalunga. e invece è successo. ma ci stava.
è nata questa linea, che abbiam curiosato, poi chiodato anche col supporto dei ragazzi di brescia, e poi provato. a inizio estate qualche tentativo timido e goffo. adesso, a fine estate, un po’ più convinti.
saliamo una sera dopo lavoro: esco alle 15 motivatissimo, come per football manager!

mazzu la mari e il teo mi aspettano e saliamo insieme. l’ultimo soletaglia l’aria tersa frizzante dell’autunno che arriva. ieri sera coi tei abbiam speso tutto il tempo per montare e siamo scesi con la frontale, senza neanche farci una session. ma adesso è lì pronta, che ci aspetta. i raggi tiepidi spariscono dietro la montagna e si accende un fuocherello perchè sul cucuzzolo del torrione centrale tira un’arietta che non vi dico.

sale mazzu, apripista kamikaze, che testa la linea coi suoi leashfall potenti e si spara un bel po’ di passi! che livello!
poi viene il mio turno. ripeto la sequenza di terrore raccontata sopra, ma stavolta ho un’arma in più: lo scorso weekend abbiam montato una linea bella alta a colere e son riuscito a fare dei bei leashfall, e questo mi ha dato una bella carica.

salgo. scarrucolo, mi giro, mi siedo.
la situazione è super: vedo lo spigolo sud in lontananza che si prende l’ultimo sole.
davanti a me un fuocherello con dei soci.
le montagne di casa.
bo. bomba.

un leash, bello. un altro.
poi un passo. wow. spettacolo, un passo cazz!
e poi ancora:

riesco a spegnere tutto. sto troppo in pace. mi alzo. faccio qualche passo.
senza respirare. senza pensare. poi giù.
urla di presabene!

dai che forse, alla fine, fine fine, la lotta paga. forse. :P

la linea ISIS alle fantasme

è sicuramente solo l’inizio di un lungo percorso verso l’essere in grado di camminare qualcosa.
ma per qualche istante ero là, in piedi sul baratro, su una fettuccia, guardando il fuoco. avevo liberato la mia testa. avevo superato un ostacolo. che spettacolo!

rientro al fuocherello, strette di mano, complimenti sorrisi. butep!
camminare le linee è che è un’attività collettiva. non si monta un’highline da soli. magari ce la si potrebbe anche fare. ma non si fa. è un lavoro di squadra. ognuno contribuisce. e poi si cammina tutti. ognuno fa la sua session. anche chi sta giù e la sua session sarà con uno strumento musicale piuttosto che al fuoco.

il gaso. gli altri. che ti incoraggiano. magari ti da anche fastidio sul momento. preferiresti la pace. il silenzio assoluto. ma fare squadra serve. aiuta. ti supporta e spinge su il culo. ti da una mano con quella famosa spintarella!
insieme, si cammina. anche se sulla linea sei da solo, nel tuo mondo. in quel mondo ci sono gli altri, coi quali sei arrivato fin lì. bella storia!

Colere

la linea di colere è nata per caso un pomeriggio di quest’estate: il teo voleva convincermi ad andare a fare highline in via mala. per me non aveva senso provare a camminare una linea di 150 metri super esposta. nessun senso. credo sempre più nella gradualità e non credo abbia senso mettersi a scalare su un 8b se non ti alzi sul quinto. quindi gli proposi di andare a cercare due alberi al fresco dove tirare una linea tranquilla on un solido prato sotto i piedi. già il prato è duro e ti ci puoi schiantare, eppure. vedi sopra/sotto.
quindi siamo passati in via mala a raccattare una linea e alla fine abbiam anche raccattato i ragazzi di brescia che erano li: manfri ricky e la franci! e con loro saliamo a colere alla ricerca di una linea pratosa.
senza successo. “ma non c’è qualche valletta qua in giro?” beh, dico, in realtà c’è il canale che scende dalle 4 matte.. ma non credo..” andiamo a vederlo et voilà: il giorno dopo rieccoci col trapano: un’ottima clessidra e 3 larici fanno la gran parte del lavoro ma lo zio vuole provare i suoi nuovi fix del 12, e così sia.
mettiamo la sosta, facciamo la linea, stiam per montare e poi il temporale ci inchioda. e per tutta l’estate resta lì. poi finalmente un weekend di fine estate ci si decide per salire a montare. le foto sono di quel weekend. un sacco di gente è passata a vedere la linea, chi ha scarrucolato per la prima volta, che si è fatto un po’ di passi. io ho contribuito facendo qualche leashfall e già ero molto soddisfatto! chi è passato a scalare, chi a suonare e chi a fare un giro per funghi. bello portare la gente in montagna! alè!

la linea si chiama quintamatt, è lunga una trentina di metri abbondante (a occhio). noi abbiam montato la mia jumbo, main e backup. è bella psico pr la presenza del ghiaione sotto che sfasa le distanze e per via dell’altezza, ma per la mia esperienza tutto è molto psico quindi non fateci caso. sicuramente l’ambiente merita. per accedere agli ancoraggi scalare uno dei tiri della falesietta nel canale (facile, sul IIIo se si segue l’erba, consigliata la corda se non siete pratici di terzo pratoso), in cima al prato c’è la sosta (2 fix + clessidra da attrezzare). per l’altra salire la pietraia sulla dx orog. del canale fino alla sua sommità, quando per evidenti tracce ci si porta sul colletto alla propria dx salendo, di cui si scende a tre larici in fila che sono l’ancoraggio.

le foto di questo articolo sono state fatte dal nostro fotografo ufficiale (:D) arruolato sul momento, ignaro di tutto, nel weekend a colere! super grazie vecchio, per il supporto e per le foto ma soprattutto per la compagnia! adoos! :P

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