Blocchi dublinensi

Una domenica bella piena. E soddisfacente. Non è facile riuscire a farsi delle belle giornate sodisfacenti quando vivi in un posto scomodo. E per scomodo intendo lontano dalle comodità cui siamo abituati, che ci rendono facile riempire, appunto, le giornate. Quelle comodità che alla lunga, fanculo, è bello avere e migliorano la nostra vita, e alle quali a volte ti propongono di rinunciare in cambio di un bel posto di lavoro, o qualche altro miraggio. Parlo di comodità come il bosco a portata di mano.

Mica cazzi. Quando vivi in una metropoli te ne rendi conto. Di quanto sia comodo avere la possibilità di schioccare le dita e ritrovarsi a parlare con dei bei faggi, risalire una valletta gorgogliante, toccare con mano del buon calcare baciato dal sole, alzarsi sopra tutto e guardare tutto dall’alto e fermarsi a contemplare. Quando vivi in centro città no. Per avere un tetto di foglie sopra la testa devi cercare qualche parco. E vuol dire foglie sopra e semafori e traffico intorno, a meno sia un parco enorme. Ma anche il parco enorme vorrà dire rumore e smog, che quelli non te li toglie nessuno, spesso neanche in montagna, ahimè! Comunque queste comodità sono belle. Sono un regalo. Sono impagabili e incomprabili. Dal centro città spesso per raggiungere il bosco devi prendere l’auto, come minimo, oppure farti in bici oltre che un bel po’ di chilometri, come minimo qualche decina di semafori nello smog e nel rischio vita, oltre che attraversare circonvallazioni e superare taxi in doppia fila che ti aprono la porta a tradimento.


Ma se, considerata la scomodità, riesci a portare a casa una bella domenica beh, vuol dire che hai lavorato duro. Quantomeno tieni botta con la forza di volonta rispetto a quella parte di te stesso che si è fatta conquistare da un qualche specchietto per allodole nel centro della città.
Oggi,arrivando al dunque, sono stato a tirare delle tacche di granito vero, per la prima volta dal mio arrivo qua nelle terre irlandesi. Un granito duro, levigato, antico. Dei blocchi erano, ahimè! di più non si può chiedere per il momento. Ma intanto ero li in un bosco, felice, a salire e scendere dallo scivolo come un bambino al parco giochi.

Ho vissuto momenti di scomodità notevole per raggiungere il mio obbiettivo: mentre ero in auto coi ragazzi che mi portavano pensavo che non capivo neanche una parola (oddio una parola qua a là) di quello che sto irlandese diceva a sta ragazza bulgara. Pensavo che il mio inglese qua serve a ben poco. Che poi non è vero forse e col resto del mondo comunico tranquillamente. Però intanto lì non capivo una mazza, non sapevo dove si stesse andando, bo. Ero scomodo. E pensavo a che figata fosse anche, a volte, sentirsi scomodi. Ma essere li per scelta in quella scomodità. A volte ci sta secondo me, ti aiuta ad assaporare poi la bellezza ad esempio di essere in giro coi tuoi amici, dove sei perfettamente a tuo agio e puoi fare quello che ti pare, dire quello che ti passa per la testa, proporre cose a caso. Quello è il comfort. Quella è la comodità più grande. Vivere con gente che ti permette di essere a tuo agio.


Oggi sono andato a tirare quelle tacche e sono tornato a casa. E ho parlato con delle persone che non sono i miei migliori amici, ma che mi hanno sorriso e raccontato cose. Anche se non ero perfettamente a mio agio però il mio stare bene ha aiutato e la situazione era già migliore. Poi ho fatto un piano di battaglia e ho fatto la pizza, mentre lievitava sono andato a correre, e poi ho beccato jan e abbiamo fatto programmi di altre uscite per il futuro. Insomma. Alla grande. Ed eccomi qua con la pizza appena tolta dal forno a scrivere queste righe. Che volevo parlare di tutt’altro ma alla fine è uscita sta roba qua.

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Corno Lino, De puta madre

La via.


Il Leo, con il Paolo Baisini e l’Ivan Moscardi, l’anno scorso, di ritorno dall’Andalusia aveva aperto questo gioiellino che ancra non ero riuscito ad andare a curiosare. Eravamo appena stati a mungere e strizzare l’unto dalle canne di Desplomilandia al Chorro e al Leo era piaciuta molto l’espressione spagnola per “alla grande” che è “de puta madre”, tanto da dare questo nome alla via che aveva giudicato evidentemente meritevole. Mi mandò la relazione, che rimase li nel cassetto, visto che al mio ritorno era luglio, e al corno Lino si scala d’inverno. Torno un paio di giorni in valle per fare le prime due prove dell’esame di stato e così ci scappa sta scappata con il buon Filip a provare il camino mortale!


Arrivo abbastanza disfato dalle ore di macchina da solo senza autostrade per tornare da Torino, ma alle 8 siamo in partenza. Attacco trovato al volo, il sole splende che è una meraviglia, e quando torni dall’autunno irlandese lo apprezzi ancora di piu, aspecie se splende sulla kamunia industriale che piu ti allontani più diventa romantica. Partiamo subito duri, con i primi tiri che sono gia veramente una bella scalata, roccia eccezionale e si alternano passetti delicati a sezioni belle tecniche. Al bosco io al solito sbaglio strada ma filip ci riporta sulla retta via e in qualche modo ci ritroviamo alla base del pilastro del primo 7ehm 6c. Ho diverse versioni della relazione e si fa fatica a capire bene i gradi.. :D poi il bulderino sbilanciante dei tiro dopo mi fotte la libera mannaggiallui, però proprio bello. Infine gli ultimi due tiri veramente belli, il penultimo è veramente un gioiellino aperto dal Leo con un paio di spit e qualche chiodo, è poi stata aggiunta parecchia roba, cosicchè si scala tranquillamente senza aggiungre niente. Fil se lo passeggia a vista, chapeau, e io sto su con la corda ben tesa davanti a me, giusto perché era passato lui e allora dovevo passare anch’io. In ultimo mi infilo nel caminazzo mortale e daga sfogo alla fantasia mi raspo fino in cima! Spettacolo!

Doppie lisce e alle 4 giusti giusti siamo alla macchina, che ho un aereo da prendere e 10 km in bici da fare all’una di notte sotto la pioggerella irlandese pe tornare a casa! Alè duri!

Tecnico
Via De puta madre al Corno Lino
18-03-2017 Leonardo Gheza, Paolo Baisini, Ivan Moscardi
6c+(6b+/A0) RS2 230m (7/8 tiri)
Relazione nellì’immagine in basso.
La via è veramente bella, si scala tutta in libera senza patemi, l’attrezzatura è ottima (tutti spit e 2 chiodi in via). I friendini possono venire utili forse in due o tre punti, magari in partenza o fine dei tiri (un totemino verde all’uscita del pilastro iniziale [2o o 3o tiro a seconda se si fa la sosta opzionale], e lo stesso verde alla partenza del primo 6c+, e magari un verde alla partenza del camino), ma per il resto c’è tutto. In ogni caso roba piccola piccola cosniglierei (max il verde bd!) poi vedete voi, al solito.
Si scala sempre sul 6b/6c, a volte anche abbastanza sostenuto, ma l’obbligato direi non sia sopra il 6b. Anche sul camino mi sentirei di rassicurare, non è così mortale come sembra dal basso! È solo parecchio scomodo da salire (chapeau in apertura!). Un vero dolomitista lo darebbe al massimo IV+, ma visto che ci sono gli spit (è protetto benissimo!) tocca dare il grado francese :D. Almeno si arriva preparati al peggio! :P
Avvicinamento solito per il corno lino, l’attacco si trova costeggiando la parete, ben segnalato da cordame vario, è comunque sotto il mega camino che si vede già dal sentiero, alla base di un bel pilastro di roccia grigio gialla. periodo direi inverno o mezze stagioni verso il freddo.
Andate perché le vie di roccia così bella a arco orami sono tutte unte, qua in kamunia invece ancora il grip regna! :P
Aperta l’anno scorso in inverno, per la cronaca prima libera Leo e Angelino questa primavera. Brai scec!

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