uno shampoo e siamo a cavallo

sasso cavallo…? bagnato, lontano e soprattutto duro. davvero troppo duro. non basta il fascino. mi faccio convincere dall’esperienza del francesco e così decliniamo, e cambiamo obbiettivo. e va benissimo così: visto che alla fine il cavallo era fradicio, oltre che pazzo. ;D
e fu così che la malsana idea si trasformò in un “maslana sia”! :D
ci troviamo puntualissimi e ci aspettiamo mezzora, io di qua dal ponte di villa d’ogna, senza telefono, il francesco dall’altra parte. ma va bene così, perchè alla fine riusciamo a partire all’alba delle 9 e un quarto abbondanti, da veri milanesi, e riusciamo anche a non essere gli ultimi! la solita bella passeggiata su per le baite di maslana scorre che è un piacere: finalmente una giornata di sole splendente: “pecora nera” in questo periodo grondante e gocciolante. finalmente “an s’è n gìr!”! oggi presento il pinnacolo al mio prode compagno lecchese! farà la sua conoscenza attraverso una via di punta che scorrerà via in un baleno: neanche il tempo di asciugarsi i capelli dopo uno shampoo.

tutto alla grande, e in un attimo siam su: la placca del primo tiro sarà bagnata..? ma noo. e infatti va via tranquillo.
il tiro della fessura sarà troppo duro? beh.. insomma, diciamo che.. nooo! si passa si passa, basta strringere i denti e scalare e incastrarsi e urlare e avere fantasia da vendere negli incastri negli spalmi nelle contorsioni.. :D;
e poi.. la sosta intermedia tra i due tironi ci sarà..? noo!! lo scoprirò alla fine del secondo tiro, giusto 3 metri sotto il pulpito!
e, invece, il camino off width yosemitico sarà avvero così duro e improteggibile? davveero assolutamente noo! è solo un po’ problematico riuscire a disincastrare le spalle dalla pressa del piroclastico sedimentato cammuffato da gneiss granitoideo della zona.
e poi su per lo spigolo! : terranno ste scagliette? boo. e ste lamette ballerine..? boo! qua c’è da sperare di si e da scalare. su dritti, anche quando finiscono i chiodi.
doppiette come dei falchi, pendolone a recuperare il cavanut suicida*, e poi giu per il pendio tra gli stambecchi.
infine cerchiamo con un lanternino un bar che non festeggi la liberazione [massimo rispetto agli altavalserianesi che festeggiano seriamente la presunta (passatemelo) sconfitta dei fasci]. la ricera è più ardua de lprevisto ma alla fine troviamo un buco in cui infilarci. e con una birrozza concludiamo in bellezza l’unica giornatina di sole di questo periodo infinitamente lungo di grondare di acqua e stridere di ombrelli e di pomeriggi passati metà alla finestra a veder la pioggia, metà su meteoarpa a incoraggiare all’ottimismo i metereologi.
pinnacolo rulezz!

 

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geometrie atipiche

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veduta su maslana104_0272 104_0274 104_0286

 

 

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allegato: storia di un cavanut e di un friend a cui avevano incastrato le camme:

*(il cavanut in questione si era suicidato di fronte alla vanità dei tentativi di rianimazione del friend verde bd nuovo di pacca che c’è li incastrato in fondo al camino. il team di esperti bal chiamato in soccorso utilizzava suddetto cavanut come bisturi nel tentativo di portare a termine la possibile operazione salvavita. non essendo riuscito il tentativo, e avendo il bisturi-cavanut solidarizzato col paziente (oramai erano diventati bestfriends [killme]), il nostro eroe, dalla disperazione, provava a suicidarsi tuffandosi giu per il caminone. il tentativo si arenava però dopo alcuni rimbalzi in placca su un prosperoso e fanghiglioso ciuffo d’erba nei pressi dell’attacco della via. l’occhio di falco del team di recupero non si era fatto scappare la scena, individuando prontamente il ciuffo salvifico. riuscivano così, durante la discesa, con svariato pendolare nel vuoto, a recuperare il, ferito, ma sano e salvo, cavanut, riportandolo dritto dritto al suo posto nello zaino!)

 

allegato 2: due info sulla via: ultimo shampoo del generale custer, pinnacolo di maslana, parete sud/s-e. VII+/r2+/II via classica molto bella, caratteristici i tiri della fessurona, ben proteggibile con friend sempre abbastanza grandi (ma con una serie fino al 3 te la cavi discretamente). la parte alta ha un tiro un po’ dubbioso su chiodi non sempre ottimi e un bel run out su placca dove andar decisi. roccia sempre ottima, scalata molto bella e rude nel diedro, poi placche. attacca alla piantina di vent’anni ma fa la placca sotto l’arco, poi un tiro in comune con vent’anni, quindi su dritti per il diedrone fessura e sempre dritto fino in cima. ;D si scala bene nelle mezze stagioni, se c’è sole anche autunno inoltrato. consigliata!

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sbadigli per sbaglio

 

sono allergico ai rossetti. e a tutte le chincaglierie e le imbelletterie. ma in particolare ai rossetti. non so perchè, ma per quanto mi riguarda hanno l’effetto opposto a quello desiderato. le tipe col rossetto proprio non le posso vedere. sono come un isolante perfetto. uno di quelli che neanche un generatore ideale di corrente. penso che i colpi di fulmine, anche quelli piccoli, che sono poco più che delle scintille, scaturiscano proprio quando queste orribili barriere, questi inguardabili ritocchi estetici, perfetti para-colpi di fulmine, scompaiono. come un albero in cima a un colle attira la scarica dal cielo, così un difetto di una tipa ti colpisce e suscita interesse, magari anche solo curiosità, ma aprono la strada al passaggio della corrente. così, come quelle placche di granito a funghi, che sarebbero lisce, e di scarso interesse, non ci fossero quelle gobbette. ma ci sono e sono proprio quelle che ti lasciano passare, che ti spingono a cercarle una a una, per trovare una maniera interessante ed estetica di salire verso la cima. sono i punti di diversità, le differenze che danno il sapore, a una placca, come a una tipa. ma differenze da cosa? dalla monotonia del liscio, o dal modello di donna perfetta, che oggi è forse la modella della televisione. differenze da un modello che proprio perchè perfetto è triste e spento e poco attraente, differenze che rendono una persona umana, che ne sottolineano l’originalità. differenze fisiche, ma anche, e ancora più interessanti possono essere le discrepanze di tipo ideologico, di tipo gestuale, di atteggiamento o di portamento.

 

l’altra mattina avevo venti minuti di cambio a porta garibaldi, e delle monetine in tasca. avevo dormito due ore scarse e decido di concedermi il lusso di un cappuccio e una brioches. così, per ammazzare il tempo. siamo in 3 in quel momento a banco, saremo 50 persone pigiate in quel baretto alle 7 e un quarto di un grigio lunedì mattina invernale di primavera. siamo in 3 e aspettaimo 3 cappucci. la tipa alla mia sinistra guarda fisso nel vuoto. il tipo alla mia sx giocherella con la bustina di zucchero. il barista appoggia due cappucci sul banco. tutti e 3 ci guardiamo, istintivamente. non c’è aria di sfida. c’è piuttosto una certa solidarietà tra noi, forse data dalla consapevolezza che quella si appresta ad essere una giornata difficile per tutti e 3, nonostante non si sappia nulla gli uni degli altri. l’atteggiamento di tutti è quello di: “aspetto senza problemi”. la tipa prova a dire qualcosa, una frase d icortesia, come “prendete pure” o simili. ma non riesce a proferire parola che le esce uno sbadiglio da dentro. uno di quegli sbadigli che dice che sei stanco della tua routine, della tua monotonia quotidiana. non hai solo sonno. uno sbadiglio di protesta alla frase di cortesia che devi ripetere ogni volta che ti relazioni con qualcuno. uno sbadiglio tanto naturale, a bocca aperta, perchè in una mano hai la giacca e nell’altra la borsa. e non te ne frega un cazzo in quel momento delle apparenze, delle convenzioni. uno sbadiglio che in realtà non lo vuoi fermare, vuoi gridarlo al mondo. ecco, quello sbadiglio era un ottimo conduttore. si è generata un po’ di tensione e nel profondo mi ha suscitato un piccolo colpetto di fulmine, che mi ha scaldato la mattinata. ovviamente ho preso io il terzo cappuccio che è arrivato un millisecondo dopo. l’abbiamo sorseggiato tutti e 3 con calma, pensando ai nostri cazzi, magari alla giornata che ci aspettava. ma anche al fatto che adesso eravamo in 3 a doverla affrontare. e mal comune mezzo gaudio. poi uno sguardo di intesa e, senza proferir parola, ognuno è scomparso nella stazione, a ficcarsi da qualche parte della metropoli milanese oppure più lontano, come me, che sono andato a prendere il mio treno e mi sono addormentato seduta stante, forse senza neanche sbadigliare.
bello insomma, che i fulmini ancora preferiscano i segnali di umanità, preferiscano indizi che avvicinano all’anima, preferiscono arrivare dritti al cuore. preferiscano le mucche sole, isolate, sulla colline, alla mandria che segue il malgaro. preferiscano le cose bizzarre, le cose semplici ma vere, piuttosto che le maschere, le prese scavate, le plastiche facciali e chi più ne ha più ne metta.

e, d’ora in poi, quando sentirò alla radio, o leggerò sul giornale di un bovino morto causa fulmine in cima a una collina, beh, penserò che quella mucca doveva essere speciale, se è stata scelta da un fulmine. perchè i fulmini, come l’amore, e come la fortuna, non guardano in faccia a nessuno, ma guardano nell’anima e colpiscono dritto al cuore.

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