via della soddisfazione, val d’ambièz

Fine dell’estate, mi affaccio timoroso sul davanzale che da dritto dritto sulla vita abitudinaria della città. Mi rimane ancora qualche giorno, incastrato stretto stretto tra il bellissimo, seppur corto, giro in francia, e il fatidico inizio delle lezioni. Qualche misero giorno, perdipiù di meteo incerta, ma ho tutto tranne che l’intenzione di lasciarmi scappare l’opportunità di assaporare, almeno per qualche oretta, il gusto intenso della roccia calcarea. Provo a organizzarmi rocambolescamente, facendo lo slalom tra gli ostacoli della tariffazione telefonica all’estero, e alla fine, come al solito, è il tito che mi salva e mi invita con lui e il francesco in ambièz.
Logistica ormai abbastanza standard per questo genere di uscite non proprio fuori casa e con avvicinamento abbastanza lungo: ritrovo il venerdì sera, si arriva là, si dorme alla macchina e si fa la via in giornata. Il luogo di partenza è a tutti noi sconosciuto e ci avviamo nella notte fidandoci ciecamente del navigatore. Uno dei motivi che ci portano qua è curiosare di valli per lo più tendenzialmente selvaggie che potrebbero essere papabili posti per il raduno che abbiamo in mente per ottobre. Il mattino dopo abbiam prenotato il radiojeeptaxi, che per la modica (sticazzi macheccevoifa!) cifra di 40 pleuri tondi tondi (solo andata) ti risparmia qualche km di sviluppo e 1000metri di dislivello, depositandoti al rifugio al cacciatore, dove ci becchiamo con christian e stefano, rispettaivamente da verona e trento. (noi, per la cronaca, siamo da lecco, bergamo e bassa kamunia :D). loro hanno dormito a una malga poco sotto il rifugio e ci raggiungono a piedi. ci avviamo quindi per l’agostini, che raggiungiamo in un’oretta circa. Il panorama è davvero super: la vallata ti abbraccia tutt’intorno, e la roccia si vede da lungi che è veramente ottima. Il cielo è di un blu incredibile. Sotto di noi un mare di nuvole riempie la vallata, che spettacolo!

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Breve sosta acqua e poi via verso le pareti, avanti a noi solo una cordata che si avvia verso la fox stenico (scopriremo poi). Noi optiamo per la via della soddisfazione, christian e stefano per la via magia nera (o qualcosa del genere). Siamo tutti abbastanza distrutti, chi a causa del riposo forzato durato tutta l’estate (il sottoscritto) chi a causa del troppo girovagar in quota, chi a causa del troppo lavoro o dei troppi aperitivi (ahah!). Fattosta che i due baldi giovani lasciano partire il bocia e, regalo per la mia prima via post traumam, mi lasceranno salire fino in cima senza dover mai portare lo zaino. La salita è veramente bella, tutta arrampicabile, mai difficile, sempre ben proteggibile, roccia sempre superlativa. Trovo quasi tutte le soste (incredibile.. ahah!) e tiro dopo tiro, tricam dopo tricam (quest’anno il brenta mi ha insegnato a usare i tricam.. :D) sbuchiamo in cima, esattamente insieme agli altri due. Saltiamo le foto di rito ma non la pausa cibo, e iniziamo la discesa. Si scende bene fino a una selletta dove con un paio di doppie in una canale si raggiunge la cengia di attacco delle vie. Scendendo sentiamo delle urla, evidente richiesta di aiuto. Il tito scende a vedere cosa succede: è l’altra cordata che era sulla fox: uno dei due è caduto e ha una caviglia probabilemnte rotta, ma non prendono i telefoni. Due di noi sono rimasti appositamente in alto dove c’è segnale, chiamiamo il soccorso e aspettiamo con loro l’arrivo dell’elicottero. Meno di mezzora e il soccorso trentino arriva, e tempo un’oretta tutto è sistemato, e stiamo già scendendo al rifugio nel sole del pomeriggio. La vallata è ancora piena di nuvole nella quali ci immergeremo letteralmente scendendo verso valle.
Al rifugio ci aspetta il solito taxi, che non ci farà schifo, anzi. Saliamo volentieri e ci facciamo cullare dalla guida abbastanza lanciata del nostro autista, che ci racconta di come nel parco vivano 48 orsi e di come secondo lui avessimo rischiato la vita dormendo sulle panchine la notte precedente. In una mezzoretta siamo alla macchina e ci avviamo verso casa abbastanza distrutti. ci fermiamo a mangiare una pizzetta in uno strano non luogo frequentato da dodicenni e uomini d’affari, non si sa bene dove, sul confine tra il trentino e la lombardia e poi rovato, macchina, sonno dormita colazione e partenza per torino.

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INFO tecniche
via della soddisfazione
Primi salitori: A. Bosetti, E. Orlandi, L. Rigotti, E. Salvaterra
Difficoltà: prevalenza IV e V, un tiro di VI.
Sviluppo: 400 m.
materiale: nda. chiodi a piacere ma in linea di max non servono. le soste ci sono quasi sempre, o c’è almeno un chiodo. si integra sempre bene. utili i tricam ma assolutamente non indispensabili.
attacco (della variante di attacco) abbastanza evidente c’è un chiodo con cordino. poi su sempre abbastanza dritto.
discesa a piedi dal lato sud, seguendo gli ometti, poi una doppia o due pe raggiungere la selletta, quindi a sx (est) verso la cengia da cui attaccano tutte le vie.

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spigolo della melodia, torre sprìt

 

 

Premetto che questa per me è stata l’unica uscita delle vacanze estive, e la colpa è, ahimè, prevalentemente mia: in primis perchè sono un po’ sfigato, e mi sono fatto male il primo giorno di vacanza; in secundis perchè il mio corpo cade a pezzi, e poi, soprattutto, perchè sono un pirla, e non ho la costanza di lasciar riprendere il mio corpo che già cade a pezzi. Insomma, in un mese di vacanza, sono riuscito a incastrare, in mezzo a queste lunghissime settimane di terribile sofferenza psicologica da astinenza da monti, soltanto questa bellissima salita. ma “pietost che nent l’è mèi piètost”, diceva un mio ex-coinquilino. :D

 

Tutto iniziò un grigio venerdì di sole splendente, grigio per me, che ero sul divano col ghiaccio sulla caviglia. Son li che guardo il cielo e vorrei scalare e decido che un tentativo potrei anche farlo. Mi metto d’accordo per una vietta avvicinamento zero in val di mello con andrea, ci becchiamo a morbegno e vietta al piezza, sbagliamo via e ne rifacciamo una che lui aveva gia fatto, va beh, poco male tanto quasi non se ne accorge finchè calandoci arriviamo all’attacco. :D

apericena al kundaluna, tenda in parte alla strada e il giorno dopo sbarchiamo (per caso) in zona engadina, dove prendiamo la prima falesia e ci scialliamo godendoci il panorama e l’arietta. 5 tirelli al plaun da lej e poi giu verso casa.

Scendendo sento il moneta e ci accordiamo per qualche giorno in the dolomites.

la partenza.
Non vedevo l’ora, quindi butto tutto in macchina, e son pronto. Arriva il socio e fa altrettanto e con un fiestino strapieno di roba, nonostante siamo solo in due, ci avviamo verso i monti pallidi, senza una direzione precisa.

Optiamo per la scelta strade statali, fuck autostrade, e senza fretta, tra una passo e una valle scoscesa, ci avviamo veso la destinazione, che, strada fecendo, decidiamo sarà l’agordino. Dopo diverse decisioni definitive crollate per motivi logistici, alla fine optiamo per la torre sprit, zona pale s.martino-agnèr, dormendo al bivacco c’è un’oretta di avvicinamento, che per la mia caviglia è ok.

Bagno nel lago della val del mis, abbondante cena alle 5 di pomeriggio a fianco della fontana dell’ultimo paesello, e poi saliamo tra le mucche, precedendo l’oscurità, al nostro bivacco, comodo e accogliente.

La mattina partiamo presto fes, ore 6.30 scattanti, troviamo subito l’attacco in un diedro super evidente, in comune con la via zanetti, dalla quale ci staccheremo alla seconda sosta e con la quale ci ricongiungeremo in alto.

la via.
Un paio di tiri quindi in questo diedrone che solca la parete, su roccia ottima e non difficil ici portano all’attacco vero e proprio, un travesino delicato che va a prendere la prima fessurina ostica: se la becca il moneta che la supera agile, nonostante la roccia ottima a volte bisogna tirare dei blocchi dentro nella fessura che sembrano un po’ precari, ma tutto sta su e passiamo bene. Il tiro successivo presenta un altro passo piu sostenuto, in una fessurina un po’ svasa ma supe proteggibile, quindi un magnifico diedrone, che, nonostante qualche lama suoni un po’ vuoto, regala una magnifica arrampicata e si lascia proteggere benone. In sosta trovo addirittura 3 chiodi. Un’allettante lama-fessura dritto su sarebbe invitante, ma la relazione ci dice di traversare e prendere un diedro a dx, ci fidiamo di manolo e con un bel traversino in discesa arriviamo alla base di un bellissimo diedro perfetto, (imperfetto solo per la sua brevità, con una divertente uscita fisica su ottime prese. Un bel ribaltamento mi porta a un terrazzino da cui inizia una stupenda fessurona offwidth improteggibile (con la nostra serie fino al 2. con un 4 o forse anche con un 3 si proteggeva bene). Salgo in dulfer convinto per un po’ di metri e finalmente il mio martello inizia a divertirsi e allestisco un’ottima sosta a cui mi appendo a cuor non proprio leggerissimo, ma che poi si rivelerà ottima. Si continua per la direttiva di questa fessura per una grande lama e poi per il diedro-fessura soprastatne fino a un pilastrino. Qua la relazione dice di attraversare a sx a prendeer un camino ma intorno c’è solo placca. Sopra una stringa di scarpe in una clessidra ci fa capire che di la non è la strada giusta, quindi mi fido della relazione e vado verso sx, alla ricerca del camino. C’è un chiodo, il che mi fa ben sperare, in seguito però, non riesco a raggiugnerer il camino e salgo sperando di traversare piu in alto. La roccia diventa parecchio delicata, e finisco a proteggermi in un pilastrino che crolla a guardarlo, quindi scalo in placca su tacchetine abbastanza scricchiolanti, metto due dadini psicologici e riesco a saltar fuori a un cengetta dalla quale arrivo nel famigerato camino-colatoio. Tre chiodi e recupero il moneta che riparte agguerrito. È in questo momento che a seguito di un blocco che gli resta in mano, una delle pecore alla base della prete inizierà aun belato straziante di agonia. :D. il camino continua diventando molto più caminoso e l’ultimo tiro si rivelerà essere super esposto e ingaggioso (IV+ lo da la relazione!!!) con contorcimenti degli dei migliori acrobati riesco a piazzare un paio di protezioni e saltar fuori da questo spettacolare e super arioso anfratto, raggiungendo il pratino- cengia dove ci si ricollega con la via zanetti. In sosta incontriamo luciano e luca, che hanno salito la via zanetti e hanno attaccato subito dopo di noi. Insieme saliamo gli ultimo quattro tiri che seguendo il percorso piu logico ed evidente, per una serie di diedri camini molto marcati, portano sulla vetta.

Siamo in cima verso le 16.30, dopo quasi 8 ore di arrampicata.

la discesa.
La discesa si prospetta complessa e abbastanza lunga, ma il mio compare l’ha gia fatta e siamo fiduciosi. Iniziamo a scendere salendo una placca ripida di III, e poi giu per roccette, tre doppie (contro le due da relazione) ci portano a uno spiazzo, risaliamo a una cengia erbosa e proseguiamo verso est. Giu per ripidi rati fino a una sella, canale di sinistra quindi finiscono gli omini e le informazioni. Le diverse relazioni che abbiamo parlano lingue sconosciute, e molto vaghe e non sappiamo proprio dove andare. Siamo in quattro e proviamo a valutare tutte le possibili alternative, risalendo anche di parecchio, ma della traccia neanche l’ombra. Visto il sopraggiungere dell’oscurità optiamo infine per provare a scendere il più possibile un canale ed eventualmente buttar doppie. Prendiamo questa decisione io e i due trevisani, mentre il moneta è disperso a cercar la via altrove e non risponde ai richiami. Fiduciosi che capirà la strada da seguire iniziamo a scendere disarrampicando il ripido e friabilissimo canale, lo scendiamo per qualche centinaio di metri fino a un salto, dove attrezziamo una doppia. Questo punto di non ritorno non possiamo superarlo senza il moneta, così fischio dopo fischio urlo dopo urlo, dopo una mezzoretta ci raggiunge e scendiamo. Ormai è quasi buio, ma sembra che sotto la situazione migliori. Traversiamo questo canale di antersasse iniziam oa scendere per ripidi prati senza una precisa destinazione. La situazione si fa sempre piu verticale, e a un certo punto mi scivola un piede, e cado di peso sulla mia caviglia già debole. Da qui in poi dovrò scendre faccia a monta trascinandomi giù, ma in qualche modo si può fare, l’importante è trovare la via. Arrivati a una pendenza eccessiva, avvolti nel buio della notte, parzialmente rischiarato da una luna brillante e chiara, facciamo una doppia da 60 su un albero che ci depositerà sui prati sottostanti, nei pressi di una strada abbastanza larga e ben tracciata. A questo punto siamo giù, salutiamo i nostri compagni che scenderanno in fretta fuino alla macchina per poi tornare a casa, e ci dirigiamo molto lentamente (viste le mie condizioni fisiche!) versio il bivacco che dista ancora un’oretta circa di cammino. Sorreggendomi su un ramo di pino trovato in giro riesco a procedere e, previa una pausa al fiume a reidratarci, verso le 11 e mezza siamo al bivacco. Nessun altro inquilino questa domenica sera, ci rimpinziamo un po’ di biscotti, visto che non mangiamo ormai da 18 ore e poi ci fiondiamo a dormire, ovviamente senza mettere la sveglia.

 

il rientro.
Il giorno dopo con tutta la calma e la forza di volontà scendo con le mi e gambe e lo zaino in spalla fino alla macchina e partiamo direzione casa, ahimè. pausa pranzo in val noana presso un ipotetico lago che non troveremo mai, a curiosare nel parco giochi di manolo, quindi via statali a manetta e passi di montagna fino in kamunia.

 

E poi ghiaccio, e pomata e antidolorifici e libri da leggere e libri da studiare e piogge d’agosto viste dalla finestra invece che prese in testa scendendo da meravigliose montagne. Ma questa è un’altra storia. E l’alpinismo è sofferenza. Anche sofferenza. E poi arriverà l’inverno e sarò di nuovo abile. Speròm.

 

 

ps:son due settimane che provo a caricare le foto ma wordpress sembra voglia continuare a farmi buttare ore al vento e non ne ho intenzione. quindi vi consiglio se volete fare un blog con immagini lasciate perdere wordpress; e se volete vedere le foto relative a questo articolo, son su fb.

il moneta sul traverso in discesa

 

 

Info tecniche

torre sprìt, spigolo della melodia, V,V+,VI-, (qualche sezione VI+) aperta da manolo nel ’78.

portare una serie di friend (fino al 3), dadi (molto utili!), qualche chiodo (noi ne avevamo una decina). Soste quasi tutte presenti ma da integrare (di solito c’è un chiodo), in tutto sulla via una quindicina di chiodi. Lo schizzo del de biasio è chiaro e funzionale anche se per certi versi un po’ impreciso (il camino segna un tiro, noi ne abbiam fatti 3 belli corposi).

Via molto bella, molto logica, su roccia quasi sempre compatta e ben proteggibile. Consigliata.

 

Per quanto riguarda la discesa invece NB noi avevamo: relazione del rabans, del de biasio e gli altri quella dei monti d’italia, e non sono bastate! La migliore delle 3 in ogni caso era quella della guida cai tci dei monti d’italia. Saremo cretini noi indubbiamente ma l’orografia della zona è assai complessa e le descrizioni difficili da dare e molto imprecise, specie dove necessario. Nessuno fornisce uno schizzo, che sarebbe invece molto utile. Omini ce ne sono al’inizio ma sotto dove servono maggiormente scompaiono (probabilemnte proprio perchè nessuno sa dove andare di preciso e non li fa!). noi ci abbiam messo alcune ore, contro le 2-2.30 relazionate.

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