liberal’acqua

volevo raccontare due cartelli.

il primo cartello l’ho trovato al dosso, una frazione di nasolino: un microagglomerato di case in pietra vicino a una chiesetta, in una bellissima conca di pascoli verdeggianti sotto la presolana, in val seriana. il piccolo borgo vanta una bellissima fontana, di quelle che ci si lavavano anche i panni, di quelle che solo una manciata di anni fa erano un vanto ed un polmone per quella manciata di persone che aveva la fortuna, nonche l’orgoglio della scelta, di vivere in un tanto bel posto. ebbene su questa fontana campeggiava, scritto a pennarello su legno, questo cartello:

“all’attenzione di uniacque: la fontana se svuotata d’inverno gela. visto che la fontana è nata prima di uniacque si prega gentilmente di non svuotarla”.

qualcosa di simile in realtà, non ricordo la dicitura esatta perchè sono passate ormai alcune settimane da quando l’ho visto. e me ne dispiaccio assai visto che il cartello originale era sicuramente migliore della mia riproduzione per stile e semplicità: limpidissimo e lapalissiano. uniacque è un gestore (pubblico) unificato dell’acqua che copre la quasi totalità dei comuni dell’intera provincia di bergamo. lo fa in maniera centralizzata e in ottica aziendale e questo implica, evidentemente, in maniera poco, se non per niente, attenta alla situazioni locali. e quando operi in situazioni tanto periferiche quanto delicate, come puoi pensare di mettere le mani nell’acqua (una fontana non è solo una fontana, è un abitante di certi borghi!) senza interpellare gli abitanti? con che arroganza?
il cartello mi è sembrato fantastico, geniale, nella sua disarmante schiettezza, nella sua semplicità. da un lato c’è l’aspetto della forma: il formale rispetto per lo sconosciuto. che tale è e tale deve rimanere: non può essere che uno sconosciuto chi viene e ruba l’acqua! tuttavia ne prendo le distanze e provo a dialogarvi, che se gli spiego bene il motivo forse la capisce e non viene più a importunarmi. c’è poi la determinazione: c’è tutta la ragione dalla parte di chi scrive, è una ragione universale, non gli viene neanche il dubbio che si possa discutere di qualcosa: se non si fa così l’acqua gela , di cosa vogliamo parlare? non ci sono alternative ad avere l’acqua nella fontana! un atteggiamento umile e sincero, di qualcuno che non vuole evitare il confronto, ma di qualcuno che crede che il confronto non sia proprio necessario di fronta a una sorta di evidenza dello stato delle cose. è il contrario dell’arroganza. ancora è sorprendente la lucidità dell’argomentazione: l’acqua si gela, quindi va lasciata. non c’è scampo. il fatto che avere la fontana senz’acqua non sia proprio considerato è fantastico nella sua semplicità, e dovrebbe essere d’esempio! ma non finisce qua. c’è anche la parte sulla storia; e la storia dirime qualsiasi disputa: è la saggezza dell’esperienza, la saggezza dei vecchi che avevano sempre qualcosa da insegnare ed erano guardati con rispetto e ammirazione. qualcosa che oggi si va perdendo. la fontana è nata prima di uniacque. fosse anche che il buonsenso nel frattempo avesse lasciato spazio a dinamiche di profitto, la fontana non lo sa. o forse lo sa, e a maggior ragione ha più esperienza e si ricorda di quando è nata, che c’era il buonsenso a farla da padrone. la fontana diventa soggetto e protagonista: non provarci neanche a spiegarmi che tu vuoi guadagnare soldi su quell’acqua e se si gela si scongela.. no. se vuoi spegalo alla fontana. e lei ti inegnerà che l’acqua serve. l’acqua è vita. non mi rompete i coglioni, direi io. loro invece assolutamente educati e rispettosi hanno stravinto con eleganza.

l’altra storiella è una storia di un ponte, di questi tempi in cui si parla solo che di alzare muri e fili spinati, di costruzione di ponti si sente parlare raramente, a meno che si tratti di grandi opere. gli unici ponti sono quelli utili a nient’altro che alla mediatizzazione e alla retorica dello spettacolarismo (dal ponte sullo stretto alla passerella di expo sopra la tang nord).

a sovere passa il torrente borlezza, che ha scavato l’omonima valle e che divide il paese in due borghi, quello di san martino e quello di san gregorio. i due antichi borghi sono oggi ormai sempre meno vivi e più vuoti, mentre il paese si è sviluppato, con una poco interessante varietà di villette a schiera, prevalentemente sulla sponda destra orografica del fiume. sulla sinistra restano invece le due frazioni di sellere e piazza. unica via per oltrepassare il torrente nei pressi del paese, è il ponte romano, piccolo gioiello architettonico per nulla valorizzato, esso stesso un esempio di opera semplice e funzionale e soprattutto duratura nel tempo, visto che oggi, dopo mille anni dalla costruzione, non fa una piega. essendo il borlezza un torrente di dimensioni modeste è solitamente possibile oltrepassarlo in alcuni punti anche senza un vero e proprio ponte e i diversi sentieri che collegano le due sponde della valle si ingegnano: dal grezzo ma efficace ponticello pedonale in ferro, alle soluzioni temporanee ceh a volte diventano stabili,fino al classico guado sui sassi.
nei pressi del campo sportivo il fiume ha scavato una zona abbastanza ampia e pianeggiante, oggi sede di una pista di motocross abbastanza frequentata (con le ovvie conseguenze di sorta sulla viabilità della zona!), sulla sponda dx orografica; la sponda sx è stata invece recentemente oggetto di un tentativo (abbastanza fallito) di sistemazione da parte del comune, con l’obbiettivo di valorizzare la zona in ambito storico/naturalistico: è infatti di pochi anni fa la scoperta di un cervo fossile incastonato nella parete scavata dal fiume. in quest’ottica sono stati mezzi sistemati dei pezzi di sentiero. uno di questi, che collega il centro del paese con la zona canneto, attraversa in corrispondenza di un punto del fiume poco profondo e solitamente ci si arrangia saltellando sasso sasso. nei periodi di portata abbondante però, questo diventa parecchio complicato e il guado non è sicuramente agevole. la sistemazione dei sentieri riguardava soltanto una sponda del fiume e il guado è rimasto tale. è successo allora che alcuni, a me ignoti, volenterosi hanno deciso di rimediare al problema nella maniera migliore e più efficace: rimboccandosi le maniche. unendo un paio di fusti di alberi recuperati in zona; improvvisando un, all’apparenza poco solido ma in realtà assolutamente efficace, passamano sempre in legno; fissando il tutto con un cavo in acciaio contro le piene; corredando il tutto con un altro bel cartello: “lavoro realizzato da persone assolutamente inaffidabili!”.
bello! una struttura semplice ma efficace. e che, vi garantisco, ho sentito magnificare da più parti, nonostante sia durato poco. magnificato perchè effettivamente era utile: risolveva un punto buio del percorso: un punto che, se arrivavi e c’era il fiume grosso, erano abbastanza cazzi ma ormai eri lì e dovevi inventarti qualcosa. un sentiero che comunque parecchi utilizzano essendo quella via non solo molto più bella, immersa nel bosco invece che a bordo della strada asfaltata, ma anche la più corta per raggiungere l’asilo, il campo sportivo, oltre che la frazione di sellere dal centro del paese. era utile e quando ci passavi, sempre pensavi le meglio cose per chi si era sbattuto e aveva fatto quella piccola e utile opera, semplice e funzionale, senza fronzoli nè pretese di inutili grandezze e bellezze. e proprio per questo forse, ancor più bello. pensavi che ci eri passato un sacco di volte e mai ti eri posto il problema di sistemare la situazione. pensavi a questi che si erano sbattuti, che oltre ad aver fatto un bel lavoro si erano probabilmente anche divertiti a farlo insieme e comunque l’avevano fatto volentieri, per tutti, e senza ricevere alcun tipo di “gloria” (questo dovrebbe essere il volontariato!). e avevano pure avuto l’idea geniale di mettere il cartello col quale si scusavano per la poca professionalità del risultato, che in maniera scherzosa e divertente rendeva lo spirito dell’inziativa. bellissimo.
beh, questo bel ponticello è stato prontamente rimosso, non si sa bene da chi, dopo solo qualche (un paio?) settimana dalla sua creazione. chi sia stato a rimuoverlo mentre scrivo non mi è dato saperlo. dubito la corrente, visto che era ben fissato. ma non escludo per correttezza. fosse invece stato rimosso da qualcuno, chiunque esso sia, più o meno istituzione, preferisco non esprimermi. forse quasi preferirei non saperlo. soprattutto sarei forse curioso. o forse al contrario sono talmente certo delle ragioni con le quali giustificherà a suo tempo la sua azione che preferirei non sentirle neanche. la sicurezza? il decoro? o la responsibilità?
costruire un ponte, riaprire una via a piedi immersa nella natura come alternativa al percorso a bordo strada, triste e pericoloso, oltre che più lungo. e soprattutto alternativa all’auto, che da queeste parti, parlo per me per primo, è la scelta nel 99 per cento degli spostamenti. riscoprire il piacere di muoversi a piedi, sfruttando i percorsi suggeriti dalla geografia del territorio, ti cambia al giornata: due passi a piedi, dieci minuti in più che ti cambiano la giornata.

a parte la triste conclusione sulla fine del ponte, (appena avrò una risposta alla aggiornerò con la soluzione corretta) voleva essere un post positivo. che raccontasse delle piccole nicchie di intraprendenza positiva, degli squarci di sereno tra le nubi, su un tema terra terra, come quello dell’acqua. piccoli esempi concreti che ci aiutano a restare illusi che ci sia ancora qualcuno in grado di guardare oltre le frottole che ci vengono quotidianamente raccontate. e non solo. qualcuno che oltre che vedere la follia e l’assurdità riesce anche a fare qualcosa per opporvisi. prendere in mano la situazione. riportare in asse la barca prima che sia troppo tardi. e lo fa facendo cose semplici. che si può fare tanto anche nella quotidianità, l’importante è avere le idee chiare.

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