couloir dei camini, blumone

ps: per ora l’unica foto che ho recuperato è questa, spero a breve di poter aggiornare il post con le foto!

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tornare in valle è sempre uno spettacolo. specie se rientri dopo aver saggiato l’untume degli antri antipioggia dell’andalusia.
ero infatti stato qualche giorno al chorro con una delegazione camuna guidata dal leo ed eravamo rimasti un po’ insoddisfatti, cosa che daltronde spesso capita, a noi che abbiamo la fortuna di vivere vicino a roccia tanto bbona.
il buon leo a quanto pare aveva accusato parecchio la concarena, tanto da, a distanza di mesi, rifiutarsi categoricamente di legarsi con me su una via di piu tiri. :D così ci siamo rintanati a far monotiri nelle falesie piu unte e strapiombanti e a tirar chorreras fino a tarda sera.

inutile dire che appena torno in valle qualche giorno per la festività natalizie non posso che buttarmi sulla bella roccia, baciata dal sole di questi mesi di alta pressione sulle alpi, che mi sto bruciando al sole dell’andalusia.
potrei passare ore a raccontare il piacere delle goccette e piedini di nasolino sotto i piedi, così come a descrivere il ribrezzo per quella stalla/capannone industriale a lama di coltello che hanno tirato su in mezzo ai “pascoli del cielo”. (il dilemma sulla ripopolazione delle zone rurali me lo sono portato dietro qua in città e lo lavorerò nei prossimi mesi.)
piuttosto invece volevo raccontare di cose tanto fredde e ghiacciose quanto belle. infatti dopo essermela spassata i primi giorni, che sono volati, tra vedere soci, bere birrette e accendere falò, ho deciso che dovevo farmelo un salto su al freddo e al gelo di una parete ombrosa. anche se ero parecchio in dubbio, visto che non toccavo picche da troppi mesi e poi il sole e la bella roccia chiamavano..: il giorno prima avevo convinto filo a fare quella bellissima vietta che straconsiglio, che è “good bye moira” al corno lino: roccia eccezionale per 8/9 tiri al il sole dell’inverno e le doppie filanti. in una parola plaisir. anzi no meglio: BUTEP.

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queste erano le premesse per andare a misteggiare. insomma. non è che fossi troppissimo gasato dall’idea. ma per fortuna il ravanatore che è in me spingeva, e per fortuna due anche il socio, col quale già ero d’accordo, non ammetteva di transigere e togliere la sveglia delle 5 (che per lui era delle 3 e mezza, chapeau!). e allora ados. andiamo in blumonsky che sono anni che in qualche maniera la punto sta via!
un tentativo l’avevo gia fatto in realtà, col paolo, un paio di anni fa. ma non so se nel buio della notte o nel metro di neve fresca o nell’ignoranza geografica, comunque da qualche parte eravamo affogati. e ben prima di arrivare alla base: arrivammo al colletto per salire al frerone, con quasi impossibilità di tagliare in quota causa pendii instabili. risultato, rientro a piedi ad anello, per un totale di qualcosa come 8 ore di marcia a piedi. ma è il misto e ci piace così.
questa volta le condizioni sono solo un po’ migliori..: non c’è neve neanche in vetta all’adamello a momenti! :P l’avvicinamento però rimane lunghetto da bazena, la strada in realtà è sempre all’ovest e resta parecchio innevata (come ci farà notare il rientro) e soprattutto le spalle non sono abituate a portare chili e l’aria è freddina. insomma, misto invernale, j’adore, ma con qualche rimostranza eheh!
arriviamo al titasecchi belli provati e.. c’è un macello di gente: che va che viene; chi va verso il giannantoni (canale non bivacco :D), chi va verso il centro della parete con mazzi di chiodi e intenzioni bellicose e chi si ferma a mangiare il menù che è assai promettente: già, il rifugio è aperto!
noi tra tutti questi siamo della moltitudine che va ai camini. cazzo, quacia set! vediamo in alto, già dall’avvicinamento, una cordata già bella alta.. a che ora saranno partiti? boo, noi intanto ci cambiamo e siamo pronti a partire.

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le mie intenzioni iniziali erano evidenti: vengo a fare il cliente! volevo giusto spolverare le xmonster, far loro fare una girata a prender fresco che mi sa era l’unica occasione per quest’anno. però bo, guardavo sto primo tiro appoggiatino, con neve di cartone e un paio di risaltini all’apparenza divertenti.. e mi lascio prendere dalla situazione: dai fammi andar su a me che almeno faccio il mio tirello e son contento e poi ti faccio sicura!

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vado e wow. che spettacolo. far misto con queste condizioni. con roccia bella, ambiente eccezionale. che spettacolo. dimentico le viti giu dal socio, ma poco importa c’è una bella candelozza che mi fa da clessidra: già, ghiaccio vero e spettacolare, incassato stile gulottina!risaltini molto divertenti, da inventarsi. figata! per quanto facile, già nel primo tirello di “avvicinamento” c’è da divertirsi!
in sosta già incontro la cordata che ci precede, coi quali condivideremo piacevolmente chiacchierando parecchie soste visto che la prima cordata là davanti non pare procedere di gran lena (oltre che rischiare, a una certa, di far fuori sia noi che i nostri predecessori lanciando giu dai camini un bel bloccone di roccia, che per fortuna invece si schianta senza fare danni!). alcune soste sono addirittura al sole e possiamo goderci l’ambientone del lago della vacca d’inverno. non posso chiedere di più!
della relazione non sapevo molto in realtà . mi fidavo del lavoro di informazione sui vari blog fatto dal socio, che mi riassume così la via: primo tiro sciallo, poi il secondo di dry duro, quindi i due camini e poi la grotta a uscire, col passo di m6 (!!), poi canale facile.

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mah, m6?! gli faccio? set segur? a che a me sembrava fosse di m4 sta via.. bo.. comunque andiam su vediamo.
il secondo tiro si rivela un tirello di quarto su roccia a gradoni, quindi compaiono i camini: uno spettacolo, veramente uno spettacolo!

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una qualche vocina di follia dentro la testa mi fa propendere per provare ad andare su in alternato fino alla grottina, così mi lancio e mi godo questo tiro eccezionale, così come il successivo. ghiaccio leggermente secco ma bellissimo, protezioni ottime, ambiente straordinario, dentro sti camini che ti puoi riposare se vuoi, e poi su! spaziale!

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il grottino fatidico sono solo un paio di metri, una trazionata, e poi via andare, comunque molto estetico e figo.
il canale sopra molla un po’ ma poi alla fine c’è un altro tirello molto divertente e non banale, molto delicato, prese piatte, qualcosina che si muove, protezioni da cercare e inventare: il misto, questo l’adoro! e poi la rimontina su ghiaccio, che attacchi delicato, alzi i piedi poco a poco e poco a poco alzi le picche sul ghiaccio solido e salti fuori, yeah. ancora qualche decina di metri di canale sempre bello ma piu facile e siam al colletto!

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10 min a piedi e saremmo su per scendere dietro a piedi, ma abbiam lasciato alla base la roba confidando nelle solide soste a spit che sapevamo esserci quindi vai di doppie. barretta, foto di “vetta” coi ragazzi trentini che erano davanti a noi e scendiamo all together, piacevolmente chiacchierando e guardando il tramonto che si avvicina, a doppie che vengon giu lisce.
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non ci facciamo mancare un tè al rifugio coi ragazzi raccontandoci qualche avventura dell’estate: figata! sono di quella rarissima specie di gente che scala nel massiccio dell’adamello, e loro lo vedono dall’altro versante a me pressochè sconosciuto! grandi!
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proprio perchè vengono da est scendnoo verso gaver, quidni ci salutiamo e lanciamo verso il tramonto, cercando di non cadere alle raffiche di vento che fanno girare la pale microeoliche del rifugio, che girano che è un piacere. prima di accendere le forntali un tramonto infuocato lascia intravdere una cortina di fumo nero, che poco ha a che vedere con i colori soavi delle nuvole serali: è evidentemente fumo di combustione! scendendo ci imbattiamo infatti in un mega incendio che imperversa poco distante: bruciano le cime della costa che scende dal frerone verso breno! per fortuna siamo piu bassi e riusciamo a non morire intossicati, arrivare alla macchina e scendere pian piano dal passo senza uccidere pompieri ne protezione civile che popolano la strada nel tentativo di contenere l’incendio verso monte*.
pizzetta a bienno e via, pronti a tornare in andaluuusia!

info tecniche sulla VIA DEI CAMINI al BLUMONE
c’è poco da dire, la linea è eccezionale ed evidentissima, c’è qualche sosta a spit, anzi parecchie, sui bordi, quidn icercar bene che c’è sempre una sosta utile per diverse condizioni di neve. fatta con queste condizioni è eccezionale.

*nota: sulla valcamonica incendiata: http://www.bresciatoday.it/cronaca/bienno-prestine-incendio.html

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urban climbing in seville, how to.

oggi tornavo da lezione. come sempre il mercoledì non so cosa fare dopo lezione: potrei andare al corso di spagnolo, ma così ho un’ora buca che non so come riempire. oppure posso sbattermene e tornare a casa, e fare cose. grandi cose da fare in realtà non ne ho, quindi in primis temporeggio. non ho neanche il libro di spagnolo in realtà. alla fine finisco, come spesso mi capita, al ponte di triana, che è giusto di strada ed è perfetto per procrastinare. posso riempire l’ora che mi manca per il corso di spagnolo, oppure farmi venire in mente cose da fare a casa valide per non andare al corso. mi sgranchisco le braccia e inizio a spararmi i traversi del caso. a una certa arriva un tizio, mi saluta, fuma un porrito senza dire una parola, quindi tira fuori una borsa piena di magnesio e inizia, con lo spazzolino in dotazione al ponte, a versare chili di magnesio sulle prese e poi spazzolarle. continua finchè il ponte non è tutto bianco. che già, voglio dire, è sempre bello bianco, e mi chiedevo come cazzo mai era così bianco. oggi l’ho scoperto. ero talmente scandalizzato che mi sono bloccato a guardarlo in maniera ebete. ebete e talmente vistosa che il tipo a una certa non poteva fingere di non accorgersi del mio sguardo e mi dice: mejor ahora no? io non rispondo, dissimulo, faccio ancora due passaggi sotto il ponte, dove ancora non era magnesato e me ne vado allibito. basito. sconvolto. cioè. immaginatevelo. tutti i discorsi sull’imperialismo, materializzati davanti ai miei occhi. ok, è una caso che io sia abbastanza avverso all’uso del magnesio, ma sono proprio le minoranze da rispettare quando si invade e si impone la propria cultura. certo in questo caso ero forse io l’invasore. e sono scappato a gambe levate. chissà che a granate di magnesio non si possano scacciare gli eserciti invasori di donald trump, quando arriverà a conquistare l’europa.

chiusa per un attimo questa piccola parentesi di questo tizio, poveraccio, volevo aggiungere però un pensiero generale sulla genialità dell’urban climbing sivigliano: mai mi sarei aspettato una lezione di stile venendo in andalusia: una lezione politica sul tema arrampicatorio.

in città infatti, c’è si un rockodromo molto costoso dove alla fine si va se si vuole allenarsi. però ci sono altre possibilità per scalare. c’è il ponte di triana appunto, dove si scala su una pessima e sporca arenaria a blocchi, che costtuisce la struttura del ponte; e poi c’è l’alamillo, dove si scala su delle belle presine di resina fisherate ai blocchi di cemento armato prefabbricati che costituiscono la struttura del ponte dell’autovia. nel primo caso si tratta di una zona super centrale (poche decine di metri da torre dell’oro e dalla cattedrale), una zona carina, giusto a fianco del guadalquivir, con miliardi di zanzare e di gente che va a correre. si scala su roccia vera, per quanto squadrata da chi ha fatto i bocchi e ritoccata con arnesi e cemento da chi ha scalato negli anni. è roccia vera lavorata da acqua e vento e ci sono prese che se non altro ricordano bene quelle naturali. e non ti disfano le mani e sono varemente variegate. e per quanto sia sempre terribilemnte sporco e umido almeno metti le mani sulla roccia che è figo. inoltre puoi scalare senza che ti serva nulla: i piedi per una fascia bassa sono buoni, quindi puoi scalare con le scarpe da skate senza problemi. lasci la bici e inizi a scalare. c’è la zona sotto il ponte, iperstrapiombante ma con un traverso scavato di prese buone, che tuttavia a me non attrae mai, vuoi per il mio non essere strapiombista, vuoi perchè scalare in strapiombo con quelle prese umide e senza un materasso dietro al schiena non finsice di convincermi; e poi c’è la paretina verticale dove fare i traversi, con un sacco di presine di dita belle e interessanti, dove con un po’ di fantasia ogni volta riesci a inventarti una sequenza nuova (che abbia una o magari anche due prese diverse dalla volta precedente.. :D). insomma, pro e contro, però meglio che niente!
e poi c’è l’alamillo. costruito tutto, a quanto pare, da dei volontari di un club, che non so che club sia, ne bene cosa sia un club. è uno spazio urbano, sotto un ponte, con delle specie di panchine di cemento e nient’altro. abbastanza fuori, ma non lontanissimo dal centro, è giusto prima del grande parco dell’alamillo e dietro il grande parcheggio della facoltà di ingegneria dell’ETSI (livellone! :D). a differenza che al ponte di triana qua si scala con la corda in linea di massima, mentre come al ponte l’accesso è libero e gratuito a chiunque passi per la testa di andare a tirar due tacche. sembra proprio di andare allo skatepark! talmente libero che a quanto pare parecchia gente viene qua a divertirsi a rompere litroni giusto contro la parete così che sono sempre bestemmie, ma questo è una altro discorso. qua non si può scalare senza scarpette (o meglio, certo che si può se si ha il livello, però sticazzi). si compone di una parete verticale non molto alta (10 m?), un traverso rasoterra molto lungo ideale per allenare la continuità, fatto di belle presine nette, e poi una serie di robe iperstrapiombanti: la volta del ponte vera e propria, dove ci sono una bella sfilza di vie toste, che a metà in poi viaggiano asintotiche verso l’orizzontale, e così facendo risultano belle lunghe, e un paio di sottoscala piu bassini. è tutto al coperto, essendo sotto il ponte e illuminato, così come triana, che però invece, si bagna almeno sulla parete esterna.

questa è la descrizione di quello che c’è. il pensiero è il seguente: scalata libera tutti. da noi ci sono le falesie, che, tocca ferro, per il momento restano quasi semore di libero accesso e gratuito a tutti. (con le dovute eccezioni, si pensi a marone dove mertà falesia è inaccessibile perchè ci stanno le capre del tipo o a onore dove c’è (per ora resta anche se speranzose news dicono che presto sarà liberata) un parco avventura costruito sopra alla falesia che ha impedito per anni l’accesso ad alcuni tiri.). facile quindi, per noi. ma qua, dove non c’è un cazzo di verticale per kilometri e kilometri (si parla di ora abbondante che poi è sempre quasi un’ora e mezza sia per il cerro del hierrro che per estepa) scalare è dura. però la gente si è organizzata e hanno inventato due situazioni come queste, che ti permettono, in qualche maniera, di tenere gli avambracci, non dico allenati, ma quantomeno un po’ stressati, anche senza lasciare capitali al rocodromo o alla gasolinera.

se quindi la spagna era già per noi, per certi versi, in questo ambito, modello utopico, con palestre d’arrampicata fighe e frequentate negli spazi sociali come modello standard, riesce ancora a esserlo, in questo senso, anche in una sevilla completamente pacificata dal punto di vista dell’attivismo politico a fini sociali.
si pensi al riguardo come in italia questo sia, d’altro canto, difficile da raggiungere: anche laddove una piccola palestra nasce con lo spirito giusto, come ad esempio nella pp del gabrio, a torino, che è frequentata e stracazzi, è difficile portarla al regime e al livello delle altre palestre ipercostose della scena torinese.
le cause di questo sono sicuramente in primis la differenza nei mezzi (le prese costano, non ce n’è di cazzi) e di risorse (pagare i tracciatori è qualcosa che in uno spazio sociale non ha senso. però portare i tracciatori negli spazi sociali si potrebbe fare), e in secundis anche sicuramente di gestione (derivanti per lo più dalle prime). però anche, azzardo io, per una questione di mentalità: come mi diceva il mio amico spagnolo gabriel il primo anno che stavo a torino: “è incredibile ma voi italiani, se ci sono due bar e in uno la roba costa meno, in linea di massima andate a quello piu caro.” e mi trovo in generale terribilmente d’accordo. è la storia della genialità della marca: se riesco a diventare figo, vendo a qualsiasi prezzo qualsasi cosa, sia anche uguale alla merda del mio vicino che non è figo. per quanto ovviamente non sia un discorso generalizzabile, e come me un sacco di altra gente, come mi auguro chi legge questo blog, sempre prediligerà andare a cercare il locale piu economico, tuttavia restano i fatti e le palestre che vanno sono quelle costose. perchè poi, quando una palestra va, oggi che l’arrampicata sulla plastica colorata va un sacco di moda nelle città (sempre di mode si parla), si crea un circolo virtuoso postivo che fa di quella palestra un lucroso affare, oltre che, non lo nego, una bella situazione per i climber, che sono spennati ma contenti.

insomma la lezione figa (a qual pro poi, sarebbe da discutere. si vuole alimentare o no una scena arrampicatoria? e ne nascerebbe una scena sana o si continuerebbe ad alimentare la scena malaticcia che abbiamo oggi nelle alpi? e il modello dei club qua come funziona? indagherò..) però, dicevo, una idea potrebbe essere: creare spazi a libero accesso, notte e giorno e pioggia o neve inclusi, dove la gente potesse andare a scalare, magari anche senza materiale.
sul come e dove? parliamone. sul quando fatemi finire qua ste storie. sul con chi invece lo lascio, per citare l’oroscopo di rob brezsny, come compiti per tutti.

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