in(con)cludentemente

vivi una vita inclusiva. una vita all inclusive. ma non nel senso di una vita con tutti i comfort, anzi!! nel senso di una vita piena di cose e piena di gente. l’esclusione, la separazione, la divisione creano odio, creano rancore, creano differenze. creano malumore, creano presa male.
il mondo pubblicitario ci subissa promuovendo un sacco di eccezionali offerte esclusive. auto escludive, vacanze esclusive, telefoni esclusivi. la televisioni parla di ambienti esclusivi, di amicizie esclusive. fanculo.
invitare a cena tutta la gente che incontri può sembrare, in primis, imbarazzante e scomodo e faticoso. ma sarà sicuro una gran serata, indubbiamente varrà più che qualche decina di minuti spesa a sistemare la casa. invitare la gente che incontri a uscire insieme a fare creare inventare e distruggere piani e progetti della tua giornata; ti costringerà a fare salti mortali, a dimenticarti pezzi e cose in giro, a arrivare sempre in ritardo e a essere sempre di corsa. ma avrai una giornata pienissima, molto gustosa e gioiosa.
c’è gente che invece fa della sua filosofia l’esclusione. crea un’elite di amici stretti e gli altri non sono nessuno. crea dei castelli nella sua mente, costruisce di se un’immagine perfetta, di qualcosa di esclusivo, che solo pochi eletti possono frequentare. che alla fine dei conti solo lui stesso ha il privilegio, o forse il coraggio, di ammirare.costui è sulla giusta strada per restare solo, solo come un cane. come un cane esclusivo. ma neanche perchè i cani alla fine sono socievoli. resterà di fronte allo specchio della sua vergona. e si renderà conto della sua piccolezza, della sua ignoranza, della sua stoltezza e piccolezza di visione. vedrà lavoragine dentro di se, sentirà con mano il vuoto, l’aridità della sua vita. cercherà le lacrime e non le troverà. urlerà il suo dolore ma nessuno lo sentirà, nessuno sarà rimasto, nessuno sarà interessato. nessuno avrà voluto intorno a se e morrà in silenzio, all’interno della maschera che aveva costruito. esclusione è uccidere il nostro lato umano. creare barriere è donarsi a una morte silenziosa e subdola.
c’è gente che disprezza in base al colore della pelle e c’è chi distingue in base al numero di carte di credito; chi in base al titolo di studio e chi in base alle lunghezza dei capelli. e chi per altri mille motivi. tutti costoro sono persone tristi. mi capita di incontrare per la via ragazzi africani, che lo vedi che sono appena arrivati nel nostro schifoso mondo occidentale fatto di pregiudizi. sono sbarcati, magari da un aereo moderno, in un mondo a loro estraneo, dove regnano le barriere, fisiche e morali. leggi nei loro occhi il disagio di fronte a tutto ciò. li sento in quel momento proprio come miei fratelli. e capisco come non si capacitino di tutte queste distinzioni. mi sembra di vedere nei loro occhi, abituati a un mondo fatto di pochissimo, ma di vibrazioni positive, il mondo crollare. ma la gente non se ne accorge e continua a permettere che l’ignoranza circoli libera, giustificata e supportata dalle istituzioni.
e anche nell’alpinismo c’è’ chi ha questo vizio. chi tende a segregare, a isolarsi, a rinchiudersi nel suo mondo. a scalare solo con certa gente, a sentirsi figo e migliore di qualcuno per il fatto che va in montagna, che sa scalare qualche 6a. mi è successo che, cercando soci, mi fosse risposto che no, la gente non mi voleva con loro a scalare, [a volte legittimamente perdio!] ma a volte per ragioni davvero futili. mi veniva detto che ero il numero dispari, per andare in falesia. che con me saremmo stati stretti in macchina, quando saremmo stati in 4 in tutto, se non in tre. altre che un socio non gradiva scalare con sconosciuti. mi è successo e ci sono sempre rimasto malissimo. malissimo perchè immaginavo questa gente, che sale in montagna con uno spirito superbo. come potrà gioire a fondo della montagna, come potrà lasciarsi entrare il silenzio, la bellezza, la purezza? come potrà ammirare, lasciare andare il suo sguardo lungo l’orizzonte, essendo costui costretto a cercare di spiare dalla serratura delle porte chiuse in faccia agli altri?con la vista oscurata dal proprio egoismo? ho provato una grande tristezza a pensare a costoro, che arrivano tanto vicini a toccare questo mondo meraviglioso, fantastico, che solo pochi hanno la fortuna di riuscire a scoprire. ci arrivano vicino, lo potrebbero quasi afferrare, ma non possono, limitati da questa piccolezza mentale, da questa visione distorta, da questo volersi sentire piu forti e piu bravi (di chi po’?) al punto di considerare (e non solo) di escludere qualcuno; di itenerlo inadatto a partecipare a qualcosa. a ritenerlo meritevole di starsene a casa.
fatico a capire, mi risulta davvero oscuro. perchè io cerco sempre di assorbire tutta la magia che incontro in montagna. e la racconto alla gente, fino a farmi odiare!, la scrivo, la fotografo, la distribuisco, la canto. vorrei rendere più gente possibile partecipe della mia scoperta. vorrei che in tutti nascesse almeno la curiosotà di mettersi in gioco, la voglia di provare a seguirmi, anche se poi è qualcosa che non fa per loro.
quando la gente mi risponde, ipocritamente, che addirittura gli spiace, ma è già d’accordo e è meglio che io non vada con loro, una tristezza enorme mi invade. e allora, non capendo, prendo e vado, da solo, nei boschi a interrogare i folletti e lo spirito delle montagne. per cercare di capire; a chiedermi o a chieder loro se non sono io quello sbagliato. a chiedere perchè l’uomo è tanto piccolo e tanto stupido a volte. vado e mi chiedo, mi guardo allo specchio, mi riprometto di cercare quantomeno di essere migliore. e cerco di convincermi e di imparare l’inclusione. pensando ai compagni che mi sono d’esempio, gente che frequenta gli ambienti più strani ma che vive la fratellanza, che mi è d’esempio e che andrebbe ammirata.
e guardando la luna, con questi pensieri scendo verso casa, pensando a organizzare l’ennesima serata di giocoleria, che è un ottimo esempio di spirito inclusivo, pensando all’estate e alle feste e alla gente che ha voglia di stare insieme. e credo che un giorno saranno proprio a questi a fare la rivoluzione. fuck the system. ;P

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“questa estate che ci cola tra le gambe”

INTRO.
è estate. fa un caldo porco, chi l’avrebbe mai detto.
son contento che sia finalmente arrivata questa tanto agognata estate.
son contento nonostante il caldo atroce. nonostante il sudore che ti cola lungo la schiena, nonostante le fottute zanzare, nonostante i milanesi, nonostante il male ai piedi, nonostante i viaggi in treno, in carri bestiame a 800 gradi per la pianura padana verso città di cemento e carbonella.
son contento, nonostante tutto!

IMPREVEDIBILITà. 0.1
quello che mi piace dell’estate è l’imprevedibilità. che ha indubbiamente i suoi pro e contro. ma che da all’estate quel sapore in più delle altre stagioni. che la caratterizza, la rende unica.
la mia estate voglio che sia sempre poco organizzata. voglio che si costruisca da se, giorno dopo giorno. d’estate voglio essere un attore catapultato su un palco, voglio improvvisare, costruire la mia storia pezzo per pezzo: aggiungendo colpi di scena, sotterrando binari morti, aprendo e chiudendo cerchi e indubbiamente inventando e introducendo personaggi nuovi e curiosi.

ma cosa si può improvvisare l’estate?

improvvisazione 1.0 IMPROVVISARE IL TEMPO
ma, un po’ tutto. la mia giorrnata ad esempio. come distribuire nell’arco delle 24ore i miei minuti di sonno, come piazzarli in modo da sfruttare il fresco della notte al meglio. un’altra cosa che mi piacerebbe fare è impiegare al meglio il meteo stabile, ma questo è assai difficile. resta tuttavia un elemnto di imprevedibilità, che alla fine della fiera enfatizza il gioco. perchè potessi, farei mille cose!!: ma spesso manca il socio o le condizioni (non per forza per scalare.. anche per fare una bagno al lago ad esempio!). e allora bo. spesso devi improvviare. e capita che ti inventi il socio, e ti ritrovi davanti a una birra con gente conosciuta, oppure ti lanci e tenti anche se non sai le condizioni. e ti ritrovi davanti a una parete fradicia, o ti succede di girare per ore a cercare un conceto che eri convinto: era da quelle parti, era quel giorno lì. ma eri convinto e basta, intorno il deserto. insomma, tentar non nuoce dice il detto. e poi come andrà a finire bo, il bello dell’estate è anche quello. non devi fare rapporto a nessuno, non devi raggiungere risultati (a parte passare gli esami va beh.. :D). non hai tempi che stringono e che devi rispettare. anzi, uno in realtà c’è: è il termine ultimo, la fine dell’estate. che arriverà dopodomani, questo è poco ma sicuro; ma di buono c’è che arriverà lentamente, di soppiatto, alle spalle: l’estate sfuma, vola via, scompare silenziosa nelle serate autunnali che si accorciano.

improvvisazione 1.1 IMPROVVISARE LE ATMOSFERE
c’è chi ha l’estate completamente organizzata, giorno per giorno, per paura di non sfruttarne una parte, credo. ero uno di quelli fino a qualche anno fa. poi mi sono accorto che alla fine, tirando le somme, quello che mi era restato di quelle estati era sempre qualcosa che non avevo messo in programma. era un qualcosa di impossibile da prevedere prima. erano delle sensazioni, dei momenti, delle atmosfere. che cause congiunturali precise e inimmaginabili avevano creato: era una sorta di piacere retrospettivo, regalatomi da qualcosa di insospettabile. ricordo certe estati per i concerti, ma non tanto per la bellezza dei concerti, quanto per l’organizzarsi, informarsi e poi andare, cercare il posto e finire la serata a chiacchierare su tavoli da birreria sempre uguali. ricordo estati per le grigliate e i bagni al lago, serate memorabili, che diventavano tali per il loro essere sempre nate spontaneamente, dal nulla, da un’idea venuta al pomeriggio; dalla voglai d itare insieme e di divertirci. ricordo un’estate in particolare, di quando ero bambino. ai tempi andavo un mesetto ad asiago, ospite di mia zia, e un anno ero andato, quasi tutti i giorni, con un amico, ad aiutare il malghese con le mucche. era la cosa più bella del mondo e per tutto l’inverno non rivedevo l’ora di tornare là. l’anno dopo tornai ma io e l’amico eravamo cresciuti, avevamo altri interessi e la cosa ci parve di scarso interesse e poco interessante. eppure me lo ricordavo come un’esperienza bellisima! già, ma ora avevo delle aspettative, e delle aspettative alte. e soprattuto il secondo anno era venuta a mancare la spontaneità, la congiunturalità, che ci aveva porato in quella stalla. è stato forse quella volta che ho imparato sulla mia pelle il segreto dell’estate. ho impararto a cercare di non organizzarmi, di lasciare al destino le redini e dargli solo qualche dritta. da allora, ogni estate a venire mi ha lasciato qualcosa, quasi sempre un segno profondo, dei ricordi bellissimi. ma sempre un ricordo, un segno un qualcosa di diverso.

improvvisazione 1.2 IMPROVVISARE LA COMPAGNIA
un’altra faccia di questa imporvvisazione, è la gente che mi sta intorno. è una quetione forse anche di casualità. perchè d’inverno hai mille impegni, incontri una perona, due parole e ti alsci, augurandoti di rivederti. lasci al caso, magari ci rivedremo presto. magari, difficile. invece l’estate,che non hai programmi, incontri qualcuno e stai bene con lui? ottimo, probabilmente passerò tutta la giornata con lui. incontro uno al bar, che non vedo da tempo, lo invito inseme a me quella sera. magari passeremo una settimana vedendoci tutti i giorni. magari quella sera non verrà. non puoi sapere, ne cosa succederà, ne se sarà un risvolto positivo. ma sicuramente puoi provarci.

EPILOGO
e allora viva l’estate, viva l’estate della gente che è sempre in giro e ha voglia di mettersi in gioco, di conocere gente nuova, di girare nuovi posti e scoprire nuovi ambienti. e soprattutto di crearli. andate, fate, inventate atmosfere. che poi saranno piacere retrospettivo. diceva il buon mick fowler a andy cave in tenda durante la bufera sulla nord del kennedy: “non vorrei affatto essere su una spiaggia al mare. non vorrei essere altrove che qui: pensa al piacere retrospettivo..” .
non saprei aggiungere altro. che livello.
buona estate mondo.

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