Chi vai piane..

Monte Vaipiane, Canale nord – ramo destro. (500m,VI,M5-X,70°,III)
(Vaipiane di morbidezza)

Era un po’ che bazzicando i Campelli ci guardavo a sto vai piane. O Vaipiane.
C’era la linea del Nembrini, che in altri tempi e con altri occhi avevano saputo vedere linee che poi la moderna ricerca della perfezione avevano, penso a torto, abbandonato.
Per cercarla dove? Dove vanno tutti gli altri, ossia dove è facile e comodo.
Ma, mi chiedo, può essere perfetto un posto affollato?

Il vaipiane beh, direi che è tutto tranne che affollato. Qualcuno ha salito il canale nord, ma questa linea, nel centro della montagna, non mi risultava essere troppo all’onor di cronaca. Non poi che io sia allineato con la cronaca, vero. Però vi basti sapere che ho ganci scalvini e non gli scappa una traccia nel canale che stanno puntando di sciare, figuriamoci quelli da spiccozzare!
Insomma, uno sguardo alle statistiche di frequentazione e calma piatta: non serve l’intelligenza artificale per riconoscere in questo pattern uno stimolo all’avventura.

E così abbiamo preso e siamo andati a curiosare. E nonostante il caldone, la neve abbondante e super mooolle e le varie peripezie siamo saliti e scesi. Ed è stato bello bello! E le previsioni di frequentazione verificate! Chissà quando c’era passato qualcuno l’ultima volta e come! Magari non c’era ancora la piolet-traction e aveva un camoscio a spalle!? Probabilmente ancora non c’erano i parcheggiatori e le vagonate di turisti e le motoslitte al Gardena..

Magari lo scopriremo, magari no. Per ora possiam dire che abbiam salito una bella linea. che fa la sua figura li in mezzo alla parete. E se qualcuno volesse cimentarsi per una giornata a guardare le folle dal suo balconcino privato, beh, penso che l’isolamento sia garantito. Enjoy!

Il canale, percorso come salita di misto moderno è molto interessante e nel suo stile direi anche abbastanza impegnativa. Veloce da raggiungere, e con una comoda discesa, è un bell’itinerario per una giornata piena. La salita è varia, si passa dal dal bel canale a 60, ai delicati passi di misto precario su neve spruzzata (e non portante nel nostro caso) in dei diedri, passando per un paio di lunghezze verticali in camini ravanosi, per uscire poi in creste nevose fino alla cornice sommitale. Un buon mix di montagna, con pericoli oggettivi conseguenti, dati dalle cornici soprastanti il canale, che prendono sole la mattina (come anche tutta la parete, che guarda a nordest, per un paio d’ore ad aprile) e dalla roccia che se permette sempre di proteggersi adeguatamente, resta comunque l’orobico calcare in un canale non frequentato a nord. Insomma, da consigliarsi agli amanti del genere. Nonostante il consiglio sia ovviamente quello di andar a esplorare, si riporta la relazione, potesse essere d’interesse a qualche ripetitore curioso.

Relazione della via.

La linea di salita segue l’evidente ramo destro del canale nord del monte vaipiane, facilmente identificabile d’estate dalle baracche rosse, sulla destra del pass odi valzellazzo, sulla linea di cresta che congiunge il bagozza con il pizzo camino.
Si attacca come il canale nord e si esce insieme a questo sulla cornice sommitale, sostanzialmente in vetta. La discesa avviene per il versante opposto in primis, quindi, tramite il passo di Valzellazzo, a ritroso verso i campelli,

in verde il ramo destro, in rosso il canale nord

avvicinamento. Percheggiare ai fondi di schilpario (occhio!! parcheggiatori e grande affollamento nei weekend. Se arrivate presto presto forse si può scamparla!). Da qui avviarsi verso il vivione dal sentiero dei campelli, per spostarsi sulla sponda sx orografica del fiume appena possibile (primo spiazzo dopo la chiesetta). Di qui proseguire fin sotto l’evidente spigolo del vaipiane, quindi risalire la costa verso la sua base dove più aperto, fino a portarsi sotto l’evidentissima partenza del canale (lasciare gli sci alla base, si rientra dal colletto in alto a sx).

Relazione tecnica
attaccare il canale nord fino a portarsi all’evidente bivio dove, con facili saltino-traversino sulla sx o un tirello se necessario sulla dx si entra nel ramo dx. salire il canale facilmente (40/50°) che si fa poco a poco più ripido fino al primo risalto. Far sosta e attaccare il diedro sulla dx per qualche metro (delicato, ghiaccio molto sottile) fino a un pulpito. (possibile sosta, 15/20m). proseguire alzandosi delicatamente nel diedro sulla dx per una decina di metri, quindi, dove possibile (evidente) abbandonarlo verso sx per superare un risalto verticale: con passo delicato salire su un gradino, dal quale traversando un paio di metri a sx si raggiunge nuovamente il canale principale.
A questo punto portarsi (nevaio) alla base del secondo salto. Attaccare l’evidente canaletto sulla dx, e salirlo, (diventa verticale: roccia è bella ma occhio ai blocchi appoggiati), fino ad uscirne con un ribaltamento non facile (specie se con neve non trasformata). Tiro Atletico! Attaccare quindi il canaletto alla propria sx, che gira dietro il torrione che si vedeva dal nevaio sottostante e con un ribaltamento non facile si guadagna un ripiano dove si può sostare. A questo punto salendo o il camino/fessura sopra di noi (strada da noi percorsa: non facile: tiro verticale e faticoso e qualche blocco traballante, fbl) oppure, forse più facile a sx, fino ad uscire nei nevai superiori. A questo punto seguire la linea di cresta che con un paio di tiri lunghi, più facili ma comunque divertenti con diversi saltini rocciosi, portano diretti alla cornice sommitale.

Discesa
sul versante opposto (direz sud-est, verso Lozio-valcamonica), abbassarsi facilmente per prati tenendo la sx, fino a rintracciare (non evidente, cercare i bolli o la linea del sentiero verso est) il sentiero che porta al passo del valzellazzo. Raggiungerlo e di qui rientrare. Si segnala che il bivacco d’inverno (a maggio ormai in realtà!) non è accessibile causa neve che ostacola la porta d’ingresso!

Materiale
una serie abbondante, nda.

Note
noi abbiamo effettuato la salita con condizioni di neve sicuramente non ottimali. La parte centrale è stata superata con quattro corte lunghezze di corda, probabilmente riducibili a 3, + 3 lunghezze in alto. Inutile ripetere che le condizioni e le difficoltà su questo genere di salita sono mutevoli di giorno in giorno, in ogni caso riteniamo sia una salita di impegno complessivo non trascurabile. Bella girata in montagna, consigliata agli amanti del genere!

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Il Gaso

In questa vita, uno nasce, cresce, impara e diventa. Diventa quel personaggio unico e assurdo che vedi guardandoti allo specchio. E se ci pensi siamo tutti talmente strani che appena ti soffermi un attimo a ragionarci siamo tutti dei pazzi scatenati. Con le nostre idee e il nostro carattere.

E a seconda del momento storico il tuo carattere e le tue idee possono essere vincenti o meno. Durante l’impero romano magari eri un figo se eri un guerriero esuberante, mentre durante l’illuminismo invece forse faceva figo essere un intellettuale. bo. Oggi sicuro la società cerca di farci succubi e disciplinati. Se sei ribelle devi sucarti una vita di lotta, che ti piaccia o meno. Se sei un bambino agitato ti daranno gli psicofarmaci per calmarti e via dicendo.

La società del mondo slackline individua due caratteri principali: chi sta sopra alle linee e chi sta sotto (chi sta a terra anche c’è, ma dai veri liners non è contemplato). queste due caratteristiche in particolare non dipendono tanto dalle capacità, quanto da una caratteristica, forse genetica forse ereditaria, legata all’approccio mentale. Nella fattispecie s idistinguono due caratteri dominanti: i linerz bresciani e quelli bergamaschi. La divisione, sian ben chiaro, non ha nulla a che vederte con la geografia!! puoi benissimo nascere slacker bresciano in valbrembana o bergamasco a roncadelle. Dove sta la differenza?

Nell’approccio alla linea. In gergo, in una cosa chiamata “il gaso”!!

il bresciano tipico è gasatissimo, non fa a tempo a finire di montare la linea che è già sopra. Si può riassumere nel detto del buon richi: “si sta sopra alla linea, cosa ci fai li appeso??”.
Il bergamasco invece no. a noi piace andare a spottare. Camminare. Guardare gli altri che camminano. Montare anche. Ci piace ravanare e far fatica. Portar su le linee, tensionare, far le soste. Tutte queste cose bellissime.

Ma poi, quando c’è da camminare.. pota. C’è un qualcosa che bo. Forse sarà altruismo. Ahah. Ci piace lasciare sempre andare prima gli altri. E anche dopo..
e poi bo. Non è mai proprio la giornata giusta. Magari c’è troppo sole, o troppo vento. O troppa luce, o troppa gente o troppo poca. Insomma. Sempre qualcosa di troppo o troppo poco.
E poi c’è anche il fattore che ci piace un sacco mangiare una specialità culinaria: il nostro fegato mangiato col cucchiaino. Ci paice un sacco e spesso ci troviamo a guardare una linea e farci di quelle mangiate.. mmmm! Anche nel mio poco ortodosso vegetarianesimo non resisto e mi aggiungo sempre al banchetto.

Poi succede che si va insieme coi bresciani a camminare. Li non vi dico, è l’apoteosi. Chi sta sopra e chi sta sotto. Come si diceva in incipit, all’ombra.. della storia.

Però insomma, poco a poco poi alla fine ci motiviamo anche noi. E dai e ridai, qualche volta saliamo anche e proviamo a cacciare qualche passo. Solitamente portandoci a casa le nostre mazzolate a testa bassa, però insomma, per digerire il fegato proviamo a fare qualche leashfall. Anche se, di solito, è proprio quell’abbuffata di fegato che ci fa scendere con la nausea.

Però c’è da dire che qualcosa di buon c’è, forse. La perseveranza. E poco a poco. Pochissimo a pochissimo, qualche metro in salita su quella curva di apprendimento rasente la verticalità che è tipica dell’highlining forse forse lo abbiamo scalato.
Finchè un giorno, ultimamente, è successa una cosa molto particolare: qualcuno di noi ha inziato a sentire una sensazione strana, nuova.. uno strano formicolio..!

“te, avrei quasi voglia di andare giu a fare un sessh!” “nah, cosa dici? Scherzi? Non ti fai una mangiata di fegato?”.

il “quasi” e il fegato all’inizio avevano comunque la meglio, però poco a poco lo avvertivamo che qualcosa stava cambiando!

E bo, forse perchè iniziavamo a cacciare qualche passo, forse perchè abbiamo capito che montare linee umane forse era una cosa sensata e quelle strapower era per ora meglio lasciarle alla compagine bresciana. Però poco a poco serpeggiava questao sentore. E si saliva leggermente più motivati. E poi un giorno, così, inaspetttamente abbiamo iniziato a camminare un po’ di più, e addirittura a raggiungere qualche minuscolo traguardo, tipo camminare la nostra piccola prima lineetta!

Forse era vero che andando con gli zoppi si impara a zoppicare?

Ed eccomi qua, appena rientrato da un giretto alle piramidi a castro, sulla linea meno high del mondo, piu pacifica della storia. Ma ripieno come un involtino di un senso di pace e pienezza che solo stando su su quella cazzo di linea, come consigliato da richi, puoi assaporare!

Bello cazz.

Fare leashfall ridendo. Stringere il culo e lottare. Cercare di raggiungere l’ancoraggio. Sentire il tuo respiro. Cambiarte il focus dello sguardo. Sentire il consiglio del dottore di stringere culo e addominali. Sorridere. Cambiare l’angolo del piede. Flettere leggermente le ginocchia per capire se sei già in salita. Cosucce. Che però cazz, già solo che sei là e le stai provando e stai camminando, e passa una barca a vela e la vedi con la coda dell’occhio e pensi che lei vola sull’acqua e tu stai cazzo camminaaaaaaa…. Leashfall!!!

Figata totale!

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Grazie a @Pero per le foto super fighe di falecchio! al solito chi è dietro la camera resta a sua volta nell’ombra della storia! daje!

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