king of lizzola 2016

non avevo mai fatto una gara di freeride. ed effettivamente non sapevo neanche io benissimo come funzionasse. anche perchè il fatto che sia free implica che ogni gara è un po’ a modo suo. comunque quando la gente mi chiede cosa sia glielo spiego così: si va tutti insieme in cima a una montagna e uno alla volta si scende da un versante concordato. uno scende dove e come vuole, cercando la linea più figa, la fluidità, il controllo, lo stile. dei giudici ti guardano scendere e ti danno un punteggio. questo è in sommissimi capi una gara di freeride.

ma questo weekend ho fatto un gara di freeride, sì, ma non solo.. questo weekend c’era il “KING OF LIZZOLA”!
si potrebbe dire senza sbagliare che è una gara di freeride. e lo è, in teoria e in pratica. ma nella pratica è anche molto di più. è anche una festa che ci gira intorno e che dura un intero weekend. è una scusa per beccarsi con un sacco di amici che girano bene o male intorno a una valle e alle sue montagne. è soprattutto fare festa e passare del tempo insieme. è conoscere nuova gente che è amica di amici e alla fine ci si trova li tutti insieme. con una scusa che è quella della gara ed è una scusa bellissima.

ma spiegare meglio cosa sia il king of lizzola è ben più difficile.
bisogna dire cosa sia il camoscio: già questo è un problema enorme. perchè bisogna dire chi sia il sergio. e il sergio l’unico modo per descriverlo è dirvi: andate al camoscio e conoscetelo, parlateci, fatevi speigare perchè sul muro c’è scritto” liberate i cani (…)”. :D

il sergì fortuna che l’hanno inventato. perchè coi casini che riesce a tirare in piedi anima lizzola come nessun’altro che io sappia e crea delle situzioni super positive. non è sicuramente l’albergatore che ti aspetti e se cerchi una stanza in un lucidato e apatico albergo uguale a tanti altri il camoscio non è il primo posto che consiglierei. perchè al camoscio se ci vai devi andarci con lo spirito giusto e conoscere la gente e parlare col sergio. chiedergli cose e farti consigliare su dove andare (ma prendi con le pinze i suoi consigli! :D). comunque per sommissimi capi il sergio è il piccolo ma energico, ben piantato e ottimista montanaro che gestisce il meublè camoscio. sciatore eccellente, sembra nato sugli sci e coi suoi palettoni ai piedi non si accorge che sotto di se ci siano pendii ghiacciati o salti rocciosi o magari il cielo: è a suo agio come pochi altri! se poi scia tra i camsoci è ancora più contento. ha sempre un sorriso in serbo e ti farà qualsiasi favore tu possa chiedergli.

il sergì vola sulla neve

questo personaggio gestice questo “meublè”, che è in sostanza un albergo e anche carino. ma la gestione è molto interattiva: se sei un cliente standard e vuoi pagare, scoprirai che non è facile! :D al camoscio non ti offrono un servizio, ma un’esperienza della montagna che ti sta intorno che è fatta anche di persone e di storie: devi immedesimarti nella situazione. anche perchè il camoscio è soprattutto la casa del sergio e quandunque vi si arrivi c’è una birretta o una torta appena sfornata ad accoglierti e lui (se non è in giro a sciare) con qualche storia da raccontarti. storie sulle montagne del mondo dove è stato, o sulle montagne dove non è stato, ma delle quali sa un sacco specie essendo nipote d’arte del grande mario merelli.
il camoscio è quindi per tanti di noi una seconda casa, un porto di montagna, dove è d’obbligo passare prima di avventurarsi, pelli ai piedi, verso le cime orobiche. un posto dove sentirsi accolti e dove si è sempre sicuri di trovare socialità ed entusiasmo :D

da tutto questo nasce il king of lizzola. tanta gente accomunata dall’amore per la montagna in inverno e in estate oltre che, non indispensabile ma spesso caratteristica fondamentale, per la festa e la condivisione. in una cornice come quella di lizzola che è il paradiso del fuoripista per chi ha il coraggio di pisciare fuori dal vaso e provare a uscire dal sottoseggiovia. aggiungeteci l’atomizzazione della società che ci porta in settimana ognuno in un diverso angolo d’italia a fare cose, spesso distanti anni luce da quello che vorremmo fare e dal dove vorremmo essere. ecco che immaginare un’occasione di incontro, neve e festa può essere l’idea geniale che è effettivamente il king of lizzola.

veniamo a questo weekend: la prima cosa da dire è che avevo deciso di non gareggiare, perchè l’iscrizione costava un sacco per le mie tasche di studente squattrinato (che poi 35 euri con lo skipass incluso è un’inezia a pensarci, ma abituato allo skialp questi prezzi mi sembrano sempre offlimits :D). ma ovviamente questo non voleva dire non partecipare: pensavo di salire con le pelli, guardarmi la gara, cucinare e poi far festa. era una partecipazione attiva e low cost. poi invece mi hanno iscritto. a tradimento. e mi ha fatto alla fine molto piacere, anche se mi sono ritrovato senza i soldi per l’iscrizione; e con gli sci da skialp che tutto erano tranne che l’ideale per una gara di freeride. ma insomma era d’obbligo un po’ di disorganizzazione visto che l’ho scoperto quando ormai ero a lizzola il venerdì sera.
però la situazione era positiva e allora daje, proviamo a gareggiare! se non altro per la compagnia e l’entusiasmo!

il venerdì sera è già bello carico e, dopo aver impastato 6kg di farina per fare i pizzoccheri a mano, ci troviamo in 5 o 6 a un tavolo a raccontarsi storie alimentate dal vinello fino a notte fonda.

un paio d’ore di sonno e via, a ritirare i pettorali e poi su in seggiovia. mezza pista di riscaldamento e poi via si sale sci a spalle fino alla cima della sponda (sponda vaga ndr).

siamo una cinquantina di persone, il pendio è bello ampio e quasi immacolato, neve da tritare ce n’è per tutti. siamo mischiati, maschi femmine sci e tavole. l’atmosfera alla partenza è figa: tutti sentono un po’ la pressione della prestazione: volenti o nolenti, anche quelli più tranquilli e spensierati lì al cancelletto si accorgono che non è una discesa come un’altra! la competitività però è proprio positiva: nessun genere di agonismo e sano spirito di fratellanza: alla partenza di ognuno la gente entusiasta grida incitamenti in bergamasco e fa casino, augurandogli il meglio.

alex super styla

uno dopo l’altro partono i numeri antecedenti il mio e nel frattempo scelgo la linea: i primi hanno tritato il canalino in fondo, dove c’era la polvere; poi la gente ha iniziato a puntare la destra del pendio iniziale, scorrere lunghi sulla dorsale della collinetta con un paio di salti e poi il drittone finale. si vede che c’è chi è più local e conosce la strada e chi invece si inventa. opto per una linea che ancora nessuno ha scelto: tagliare prima a destra, a prendere un canalino semiaccennato con neve bella: scendere questo con curvette controllate, per poi tagliare tutto a sinistra su una piccola dorsale a fianco del canalino: so che tanto a sx ci sono delle rocce, chiedo a achi in partenza e mi dice di stare tranquillo che se scendo nel mezzo no problem.

l’arrivo visto dalla partenza

arriva il mio turno e parto. come da programma la neve inziale è ottima, ma le gambe e le ore di sonno si fanno sentire: arrivo in fondo al pendio inziale bello distrutto. becco un bel saltone e faccio alcune curve ampie fino a prendere quasi a caso un altro bel salto che mi proietta in aria e mi fa atterrare su un pendio bello ripido: non conosco il posto provo a frenare e mi ritrovo rotolante in un polverone di neve: gli sci ci sono ancora attaccati ai piedi però e riparto quasi senza fermarmi, altre due o tre curve, il mezzo quarter finale mi spara ancora in aria e poi atterro giusto per infilarmi tra le bandiere del traguardo. che figata!! neve spettacolare, gas aperto, controllo e mal di gambe. che spettacolo!

arrivo sracchettando al gazebo di arrivo dove facce sorridenti mi offrono un sorso di vin brulè.

luchino the king 2016

frank stilosissimo 2o classificato!

poi via a sciare tutto il giorno, nonostante il caldo pazzesco faccia in fretta peggiorare le condizioni della neve.
premiazioni in clima festosa da aperitivo e poi la cena: i pizzoccheri preparati la sera prima sono finalmente pronti e ci sfondiamo! post cena c’è al serata alpinistica dell’ospite confortola, in passato compagno di spedizione di mario merelli, e poi via alla festa: buona musica live fino a notte fonda, e tra una suonata di chitarra al fresco in terrazza e un giro in caldaia a onorare le tradizioni rituali valligiane si tira mattina.

la domenica qualche coraggioso si alza per sciare, qualche meno coraggioso si alza con calma e pian piano ci si ritrova in un bel po’ di gente a fare colazione raccontandosi le chicche della serata piuttosto che a discutere di filosofia. qualcuno tira fuori l’idea di grigliare due salamelle e così ci ritroviamo a preparare il fuoco per la grigliata, qualcuno si attiva a procurare della carne e ovviamente quanti saremo a pranzo di preciso non si sa: si grigliano cose, qualcuno fa delle patate al forno e a un certo punto tutto è sul tavolo del terrazzo e tutti (gente appena arrivata o gente appena sveglaita o gente tornata da sciare o gente che c’è fin dal primo mattino) si mangia, riconoscendo pian piano le facce della sera prima, in clima allegro e spensierato.

poi nel pomeriggio la gente pian piano fa fagotto, carica gli sci in macchina e parte verso casa, non senza tornare in terrazza a salutare tutti con un “ci vediamo”, che sottintende “al camoscio, alla prossima nevicata!”.

le foto le ho rubate dal profilo fb del king of lizzola che vi consiglio di seguire visto che sono un sacco di foto veramente fichissime!! daje!

Pubblicato in generale, sci | Contrassegnato , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su king of lizzola 2016

guardare e non toccare

ieri ravanavo dietro al buon peter nei boschi dietro maelì, i nostri boschi di casa, quelli che abbiamo percorso su e giù insieme tante volte, estasiati di andare a provare un tiro nuovo, o raccontandoci per l’ennesima volta quanto gatto nero sia un palo di seiccì che forse neanche fotonica..

ravanavo con delle scarpe da skate e il leggerissimo zainetto da falesia, che la corda lo porta sempre lui perchè io ho ancora il mio canapone da 5 anni e non c’ho i soldi per cambiarmela e allora oltre al danno la beffa che la corda se la porta sulle spalle, fisiche non solo economiche, il socio.

quindi il massimo della comodità. o meglio, sempre di ravanage si parla e quindi il concetto di comodità sprofonda nella sua relatività. eppure eravamo al comodo.

eravamo andati, infatti, quella stessa mattina che poi il pomeriggio ravanavamo in quel bosco al sole, in uno dei posti più affasciannati delle nostre valli. un posto comodo da raggiungere, tuttavia poco frequentato. la via mala. che la gente ci passa per andare a colere, ma non si ferma. e non la vede. e non la pensa. e non sa le attese e le meraviglie che, come per i lupi mannari, tira fuori qualche sporadica volta ogni qualche manciata di anni.

ne avevo sentito sempre parlare di questa via mala. e delle sue cascate. ma da quando ho preso in mano le picche per la prima volta ancora non si erano mai solidificati quegli schizzi sulle lisce mura del canyon scavato dal dezzo nel compatto calcare della presolana. e io non era neanche mai andato a curiosare. poi lo scorso weekend, scendendo dalla valle degli orti, ho pensato di andare a visitarle, che freddo faceva freddo. e chissà, magari..

e allora, eccoci, con il socio giusto, perchè arriva da fuori porta e non conosce la valle, ma al contempo gli piace fare turismo alpinistico (che rarità, la gente che sa ancora meravigliarsi di fornte agli spettacoli della natura! quanti che oggi vanno, e focalizzano il loro intento solo sul passo non passo. riesco non riesco. stampo non stampo. e intanto i profumi e i colori e i tramonti… addio!)

allora insomma, parcheggiamo e davanti a noi una meraviglia.

View post on imgur.com

incredibile. siamo estasiati. altro che il verdon!! l’ambiente è veramente incredibile! ricordo di esserci stato da piccolo da queste parti, coi miei. ho vaghissimi ricordi di gallerie ghiacciate, ma niente più. adesso che qualche montagna in giro l’ho vista, mi rendo conto dell’auseterità e della magneficenza di questo angolo di mondo: un pezzo di valle, che non è neanche una valle vera e propria: figlia minore della val di scalve e laterale storta dell’imponente solco glaciale camuno, la via mala è lì, una strettoia, un passaggio angusto. percorso da una stradina sottile che si inerpica tra tornantini e ruscelletti, e che adesso, nella aprte alta (dove ci sono le cascate), viene inghiottita dalle gallerie (prima invece passava proprio sopra le cascate (!!!)).

guardare questo canyon ti spiazza. ti spiazza in primis pensare alla gente che prima delle gallerie (vent’anni fa!), e delle ruote da neve e dell’abs, e del riscaldamento globale, viveva in val di scalve. che paradiso doveva essere allora questa valle incassata nel mezzo delle sconosciute al mondo prealpi orobiche? e che gente con le palle dovevano essere i valligiani? adesso invece la gente tende a scappare dalle valli. al contrario di quello che ogni logica potrebbe far pensare: diminuisce la distanza (in termini di tempo) dalla civiltà, dovrebbe essere un incentivo a vivere in pace. in mezzo al bello. invece no. di fronte al dito della comodità ecco tanti ad aggrapparsi al braccio! e le valli si spopolano. si svuotano di abitanti, e purtroppo si popolano di turisti chiassosi e irriverenti, che arrivando dalla città non conoscono dei concetti di base, che i valligiani invece vivono tutti i giorni: il rispetto. il silenzio. lo stupore. la calma. la fatica.
e allora ecco il fiorire del turismo da impianti di risalità, ecco fiorire i parchi giochi della montagna, dove sono dei potenti motori diesel della seggiovia che si preoccupano della fatica e del silenzio e della scoperta, azzerandoli. dove i potenti motori diesel dei suv-astronave, che oltre a non passarci nella stradina della via mala, provvedono a preoccuparsi della purezza dell’aria e del concetto di bellezza, stuprandoli. e così le valli, sempre più vuote di abitanti, si riempiono di rifiuti prodotti dalla gente della città.
e tra questa gente ci siamo noi. che andiamo in questo angolo di paradiso con l’intento di salire le cascate. e poi tornarcene a mangiare seppie e piselli.

dicevo, sono stato per la prima volta in via mala la scorsa settimana. e poi ci sono tornato tre volte, la stessa settimana. portando amici diffrenti, a vedere questo spettacolo della natura. e a tenere d’occhio, a curiosare. con la calma. che si formasse quella colata. la perfezione, la bellezza. a sbirciare, con reverenza. sempre sorprendendomi della particolarità di questo posto. e l’ultima volta ci sono tornato con peter. ero convinto ci sarebbero state le condizioni. ed effettivamente c’erano, abbastanza.

siamo arrivati, e faceva un freddo cane. siamo andati lì. sopra la madonnina. e abbiamo guardato giù, appoggiandoci alla cappelletta dedicata alla madonnina. noi inverecondi, lì, davanti a tanta maestosità, giusto sotto questa chiesetta in miniatura. e ci siamo cagati addosso. almeno, io sì. senza cazzi.

View post on imgur.com

avevamo tutto. corde picche ramponi e chi più ne ha più ne metta. avevamo le strategie e le informazioni. ma non abbiamo avuto le palle. almeno, io non le ho avute. sono rimasto lì a guardare. abbiamo fatto il giro a vedere le condizioni, ma non erano eccezionali. l’unica salibile era quella. forse. e comunque era dura. durissima. per me e il mio livello. se avessi avuto la spinta probabilmente sarei salito. ma il livello, sul ghiaccio è dato anche dalla testa. e la mia testa ha risposto picche. ha risposto allenarsi. ha risposto sei un coglione perchè non si forma mai e ti mangerai le mani gli anni a venire che magari sarai diventato capace di farle ste cose e adesso che sei venuto fin qua e la cascata c’è, non ne hai le palle. e lo sapevo fin dall’inizio che avrebbe potuto andare a finire così. lo sapevo la sera prima rigirandomi nel letto. lo sapevo il giorno prima quando guardavo il quaderno di costruzioni, che sarebbe stata una questione di cuore. che alla fine la differenza tra un alpinista di talento e uno mediocre si vede in quei momenti. e lì non ce n’erano di cazzi. mi cagavo addosso. e non abbiamo neanche fatto la calata. e l’ostacolo ero io. perchè peter mi avrebbe seguito, se io avessi avuto le palle. ma niente. non le ho avute. abbiamo scelto di tornare sui nostri passi. di andare in quella falesietta al sole dietro casa, che alla fine lì si stava bene. abbiamo scelto il facile e il comodo. senza rimpianti, sarei tentato timorosamente di aggiungere. forse a malincuore. ma sinceramente.

perchè avrei avuto problemi con la mia coscienza, se non ci fossi andato fin su là quel giorno. quello sì. ma ci siamo andati. e quindi bona, il possibile era stato fatto. poi bisognava fare la differenza con la testa. e quella differenza non era per me. e allora amen. una lezione di umiltà dalla montagna, che è la più grande maestra. altro che l’università. cosa vuoi di più?

l’alpinismo è fatto di sofferenza a volte. un soffrire più o meno piacevole, che fa parte del gioco. a volte la sofferenza non si presenta solo come freddo alle mani o come fatica nel risalire un pendio con uno zaino pesante sulle spalle. ma anche come pacata necessità di arrendersi all’evidenza dei propri limiti. è una sensazione strana. quando guardi il tiro sopra di te e devi rassegnarti che niente, di lì non si passa. è strano ma ci sta. alla fine si scelgono obbiettivi sempre più ambiziosi proprio per cercare i propri limiti. per vederceli sbattere in faccia. per farci rammentare che chi comanda è lei, la montagna, e noi non possiamo che farci piccoli al suo cospetto e, trovato il coraggio, provare ad andare a bussare alla sua camera e sperare che quel giorno ci conceda una visita; decida di regalarci un permesso speciale per andare alla finestra della sua camera e guardare fuori: il mondo dalla cima. la sua volontà è irremovibile, e da buona madre, a volte deve dispensare i divieti. e quando si riceve un no, da lei che ci conosce meglio di chiunque altro, allora vuol dire che era giusto così. e che era la cosa migliore da fare, tornare al riscaldamento della macchina. e al caffè con al grappa dal mazi o alla falesia al sole. insomma, a qualunque fosse la prospettiva di comodo che avevamo preventivato come alternativa.

grazie via mala, per ora abbiamo guardato senza toccare. chissà che un giorno, questo sogno di venire a infilare le picche tra i tuoi cavolfiori si avvererà..

PS1: le foto sono il primo tiro della cascata del pozzo (?) e il primo salto dela madonnina, sono della seconda ricognizione, 3 giorni fa, il 20/01. ieri la madonnina era circa il doppio (mea culpa on ho fatto foto), ma mi sa che col caldo che davano oggi e domani saranno cazzi.
PS2: non potevo che mettere questo articolo nella categoria schizi, vista la conformazione della cascata. :D peace! :D

Pubblicato in alpinismo, generale, ghiaccio e misto, schizzi | Contrassegnato , , , , , , , , | Commenti disabilitati su guardare e non toccare