viaggio nel mar di calcare della concarena: atlantide

la concarena è lì. a metà valle. che quando passi sulla super non puoi non alzare gli occhi. e sempre pensi la stessa cosa: dove cazzo sarà che si scala tra quei canaloni pratosi scoscesi?
è lì anche quando scendi dalle valli centrali adamelliche: scendendo dalla val salarno ti si piazza davanti e ti copre il tramonto, del sole o della luna che siano.

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è un montagnone, un gruppo esteso formato da pinnacoli e vallate. se la guardi da lozio è un putiferio di crestine e forcelle e valloni e pratoni alternati a ghiaioni. e poi di là continua in qualche maniera, tramite i ladrinai verso il gruppo del camino formando una sinuosa silouette di creste che facilmente ti disorientano.

e, complice questa conformazione particolare, non ci sono grandi sentieri che vi si addentrano: la frenquentazione di questa montagna, che nell’immaginario camuno ha un posto preferenziale, tuttavia è molto scarsa: chi sale in vetta alla bacchetta vi sale dalla bella val baione, da sommaprada. e comunque è una bella salita, lunga e affascinante e selvaggia, comunque roba per intenditori di orobie. anche il bel bivacco che c’è in val baione non basta ad attirare frequentatori e questi luoghi rimangono remoti e sconosciuti.
e noi cercatori di selvaggio ci caschiamo a pennello.

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così partiamo e caschiamo, appunto, nella trappola della poca frequentazione da subito: non riusciamo neanche a trovare la strada in macchina! :D
non conosciamo la zona e partiamo convinti di trovarla facile sta baita iseo alla quale parrebbe si arrivi in macchina. invece dopo essere arrivati quasi al passo campelli, e aver sprecato litri di benzina e mezzore preziose nel cuore della notte, alla fine decidiamo che questa baite di parzaniga, che abbiam trovato, saranno un ottimo punto di partenza, e saliremo a piedi a sto rifugio baita iseo. salutiamo il padre di leo che, gentilissimo, ci ha dato un passaggio alle 3 di notte su per queste crode e ci incamminiamo.

giusto settimana scorsa ero con leo in dolomiti a bestemmiare le onnipresenti seggiovie: inutili catene a frenare la corsa verso il cielo di quelle guglie, figlie succubi di quel turismo di massa che cerca di monetizzare la bellezza, e ci riesce terribilmente bene spellando vivi gli ingenui avventori come noi! qua invece niente di tutto ciò! solo un sano e poco segnato bel sentiero che in una mezzoretta ci conduce al rifugio, nella maniera più semplice: con le nostre gambe. le stesse gambe che ci dovrenno portare fino alla base della parete, e poi in cima alla via. trovato il rifugio ormai è chiaro ma la confusione rimane: non c’è nessuno, nè tantomeno utili indicazioni: dove speriamo ci sia una cartina c’è un tabellone degli oroscopi! :D

senza la piu pallida idea di dove andare, partiamo a caso, visto che, nonostante l’alba che ormai arriva, siamo in mezzo al bosco. quindi bo, optiamo per andare a sinistra.. potremmo essere ovunque!
finalmente riusciamo ad avere uno scorcio al di fuori della boscaglia e vediamo la parete! è nella direzione giusta! parecchio distante, ma almeno l’abbiamo vista!
sentieri non ce ne sono e iniziamo a navigare a vista verso il nostro obbiettivo: pietraie da attraversare lasciano presto il posto a ripidi canaloni detritici e prati molto erti ci permettono di evitare calate altrimenti inevitabili. boschetti molto fitti lasciano il posto a arbusteti e coste detritiche. non senza fatica superiamo anche l’ultimo ostacolo grazie a una geniale traccia di camosci e risaliamo alla base della parete: 3 orette di ravanage duro e puro, non senza ostie, cadute, graffi et similia, ma siamo qua. in un paio di momenti avevo dubitato l’avremmo mai raggiunta, quindi possiamo considerarci soddisfatti. :D
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l’attacco è evidente e partiamo belli lanciati. sul primo tiro la roccia è già ottima, ma mi piglio un bel sasso in faccia! occhio nero e sopracciglio sanguinante. ottimo inizio! ;P

photocheck to ensure my eye is still there

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comunque sono sano e salvo e possiamo continuare.
ancora un paio di tiri molto belli e siamo al primo tiro di VI+, quello delle scaglie: molto bello e irto, è su roccia molto solida nonostante l’apparenza possa fare sembrare diversamente: la scaglia se fosse da scalare in dulfer sarebbe un po’ rischio, invece si scala a camino e la roccia risulta eccezionale. continuiamo a salire e la roccia è sempre ottima e solida! l’unico problema è la presenza di parecchio detrito in giro per la parete, specie sulle cengie, al quale bisogna stare all’occhio, specie con le corde.
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la relazione è vermente ben fatta e precisa e non lascia adito a dubbi, saliamo tranquilli senza sbagliare praticamente mai (incredibile per i miei standard!). la parte centrale molla un po’, c’è il tiro nel caminetto che con lo zainone da bivacco fa ravanare un po’, e poi via.

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arriviamo sotto gli ultimi due tiri di sesto non prestissimo ma con parecchio margine sul buio: per fortuna perchè ci impegneranno un bel po’ di tempo! il tiro di VI+, placca fantastica, è direi decisamente il tiro chiave della via: molto piu sestopiu degli altri, sono 50 metri di placca iper compatta, molto bella, tutta da scalare e da scalare meglio se tranquilli. i due chiodi relazionati ci sono e sono pure evidenti, ma sono solo due e bisogna guadagnarseli. sempre con prese piatte in mano e piedi abbastanza spalmati e per di più dopo una quindicina di altri tiri che comunque un po’ ti friggono il cervello. risultato in qualche manera ne vengo fuori, inventandomi di infilare qualche micronut, un chiodino precario a metà (che rimarrà lì a testimoniare la disperazione ahah! :D) e qualche altro escamotage d’esperienza (friendone nell’unico buco del tiro che mi fa tirare un respiro di sollievo in uscita). dopo penso quasi un’ora di lotta estenuante ho finalmente la meglio sulla placca, ottima sosta su un pilastrino e recupero il socio.
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“ottimo, rimane solo un tiro -penso- e lo fa il socio, poi terzo fino al bivacco”. invece sto tirello ci impegna non poco: la roccia è compattissima e non accetta protezioni. inoltre si sfalda un po’ (unico tiro con roccia non buonissima) e se provi a chiodare si staccano i blocchi: classicissima situazione da orobie! il socio non si fida e mi recupera sotto il grottino. vado io e non è che possa fare molto meglio: non si chioda neanche a pagarla oro.. il chiodo segnato non lo troviamo.. bo.. alla fine vado sprotetto e dopo due metri eccolo! erano sti maledetti due metri di quarto grado che spaventano. poi li ci si protegge bene, quindi senza problemi fino alla sosta: non c’erano reali problemi di difficoltà ma l’improteggibilità alla lunga gioca brutti scherzi! in sosta invece c’è addirittura uno spit (come in anche un altro paio di posti, dove la roccia potrebbe potenzialmente essere un po’ delicata). ultimi tirelli di terzo quarto e siamo in zona bivacco che effettivamente è ormai quasi sera!
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giriniamo un po’ a curiosare e alla fine optiamo per una bella grottina strettina ma lunga: ci stiamo entrambi per lungo! mettiamo qualche chiodo non ottimo ma sufficiente, mangiamo l’agognata cena e via a dormire, con panorama sulle luci di ono e capo di ponte! che spettacolo!

la notte fila via liscia, neanche troppo freddo, dormiamo tranquilli, qualche sassetto appuntito che attraversa l’esile materassino e entra nella schiena ogni tanto ti fa ricordare che stai dormendo nel posto più bello del mondo, ti metti un po’ in costa e continui a dormire: ci svegliamo che sono quasi già le sette!
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beh dobbiamo solo scendere.. solo!!!

facciamo di nuovo il tirello ad arrivare in cresta e poi via lungo la fine della cassin: una marseria immonda! veramente pericolosissimi alcuni pezzi da fare con le corde: si incastrano ovunque e viene giù tutto! fortuna che ci restano solo due o tre tiri! alla fine optiamo per una sorta di conserva lunga che ci permette di vedere dove si incastano le corde e proteggerci dalla caduta pietre in caso di necessità!100_4554

troviamo subito la calata, e riusciamo, non senza fatica a recuperare le corde. il traversino a prendere la cresta non è per nulla banale: anche qua tutto friabile, nessuna protezione da mettere, e pendenze non proprio trascurabili! restiamo legati cercando le isolette di prato scosceso e finalmente raggiungiamo la cresta che collega la bacchetta al vaccio.

bellissima la val narena ci fa l'occhiolino

bellissima la val narena ci fa l’occhiolino


qua la relazione consiglierebbe di scendere la val narena, e pigliare il “lungo sentiero delle forcelle”. informandoci però su questo sentiero, ci hanno sconsigliato di farlo perchè poco segnalato e, in caso di errore si finirebbe a far doppie per canali. tuttavia l’idea di risalire alla bacchetta, che provo a propinare a leo, sembra proprio non andargli giù. e in effetti la val narena da qua, sembrarebbe tutta rosa e fiori: si intravede una traccia e poi abbiamo tutto il giorno, lo troveremo sto sentiero!

quant’e mai!

comunque partiamo giù per ghiaioni, e la prima parte di discea va alla grande, troviamo addirittura degli sbiaditissimi segnavia cai che ci danno parecchio conforto! poi, man a mano la valle si impenna.. diventa sempre piu ripido con salti. un misunderstanding con leo e il suo whatsapp ci fa pensare di aver sbagliato e proviamo a salire un canale li a fianco: posto selvaggissimo e incontaminato. saliamo poi su una cima lì a fianco, alla ricerca di una fantomatica croce di cui parlavano delle indicazioni che ci avevano dato, ma nulla: chissà dove siamo finit! sicuro è che siamo in un posto veramente iper selvaggio: chissà se mai nessuno è arrivato qua sopra? per arrivare bisogna salire prati verticali con passi di arrampicata non banali, completamente sprotetti! e soprattutto non c’è nulla, e quindi chissà perchè qualcuno avrebbe dovuto venirci?!
per quanto la meraviglia per il selvaggio sia parecchio annientata dalla paranoia di non aver la più pallida idea di come scendere in questo putiferio di canali e guglie, non posso non pensare ai cacciatori di camosci che una volta giravano queste montagne spensierati, le conoscevano e battevano come le proprie tasche!

ripenso al pianetti: ricercato da centinaia tra carabinieri e volontari per gli omicidi coi quali si era vendicato della mafia valligiana che l’aveva condannato per il suo pensiero anticlericale e libertario, si rifugia sulle aspre rupi delle sue orobie, quelle dell’alta valbrembana, le più lontane da qua, e da lassù sbircia e si fa beffe dei suoi inseguitori che lo cercano invano! e con l’aiuto e l’appoggio dei mandriani, da sempre ostili ai poteri calati dall’alto, e le sue conoscenze di cacciatore di camosci, riesce a far delle impervie orobie il suo rifugio e a far sparire le sue tracce.

che bello pensare che le nostre montagne ancora ci riservino angoli assolutamente remoti dove nessuno ti troverebbe! dove nessuno mai magari è stato! o chissà se invece oggi, con le tecnologie di rilevazione corpi montate sui droni, ormai anche questi posti sarebbero assolutamente vulnerabili?
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penso a questo, ma poi torno alla realtà: decidiamo che questa strada non porta da nesuna parte e optiamo per tornare giù al canalone principale, scendere dove riusciamo e alla peggio cercheremo di fare doppie su alberi! qualche chiodo ancora l’abbiamo, insomma, possiamo giocarcela in qualche maniera.

e allora giù giù giù giù giù, l’acqua è finita, il sole batte forte, è quasi mezzogiorno! scendiamo per prati, abbastanza agevolmente finchè intravedo una cengetta laterale che mi ispira ed arriva a un forcellino.. do un urlo al socio ormai già parecchio più basso… -“vado a curiosare un attimo da questa parte.. sembra ci sia una traccia!” -“impossibile -mi risponde-: c’è un salto di 150 metri sotto quella cengetta di prato verticale!!” -“proe istès! …àda! un segno cai!!”
beccato il bivio giusto, saliamo al forcellino, poi vado su per creste ancora una volta assolutamente inesplorate e segni della croce che ci avevano segnalato non ce ne sono.. leo invece scende nel canale dall’altra parte e trova una traccia e poi addiruttra un cavo metallico! è di qua! allora via, poi si risale un altro canalino, si scende un canale erboso, poi si salta in uno a fianco, quindi a destra un colletto porta a un’avvallamento boscoso col quale si aggira uno speroncino con una grotta, quindi un traverso su prato scosceso porta, incredibile ma vero, al bosco!
cazzo il lungo sentiero delle forcelle era questo! sembra che l’ultima persona sia passata una ventina d’anni fa, scherziamo che probabilmente potevano essere gli apritori della via!
un capolavoro di ingegno valligiano, per raggiungere quel posto bucolico e meraviglioso che è la val narena! ma trovarlo senza info.. che fatica!! assolutamente il contrario della logicità!
comunque siamo al bosco, non ci sembra vero, freschetto, sentiero comodo, scendiamo giù senza avere la piu pallida idea di dove siamo. sicuro il lato della montagna è quello di lozio. scendendo trovaimo una provvidenziale fontana dalla quale credo avrò bevuto diversi litri d’acqua (al punto che poi fatico a camminare!) ma in qualche maniera rotoliamo fino al parcheggio dove il padre di leo ci attende per un altro provvidenziale passaggio fino a giù!
rientro impegnativo e da non sottovalutare diceva la relazione. assolutamente d’accordo!

a posteriori quel rientro è stato sicuramente parte integrante dell’avventura, insieme all’avvicinamento, ma nel mentre un bel po’ di improperi sono stati consumati in suo omaggio! :D
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la concarena, come tante montagne orobiche offre dei pacchetti completi: non solo la via in se, che di fatto è stata forse la parte più tranquilla, con roccia molto bella (che non ci aspettavamo), bella scalata, necessità di proteggersi, linea logica ed evidente; ma anche il bivacco, il selvaggio avvicianmento, l’avventura a scendere. insomma quel pizzico di incognito.
che nelle nostre vite iperprogrammate e ipersicure e ipercontrollate, dove se non trovi parcheggio in stazione devi prendere il gps e se non passa il pullman lo cerchi col satellite, fa sempre molto piacere.

informazioni tecniche (complemento alla relazione degli apritori che potete trovare qua)
commento generale: la via è molto bella: linea logica e scalata praticamente sempre divertente su roccia sempre da molto buona a ottima, eccetto un paio di pezzettini di qualche metro (su una via di 900 metri!) in alto, dove è difficile proteggersi ma sul facile. la poca attrezzatura in loco e l’isolatezza del posto ne fanno un gioiellino veramente interessante. avvicinamento e discesa risultano invece abbastanza impegnativi e richiedono senso della montagna e buona autonomia alpinistica.assolutamente consigliata, specie agli amanti degli avvicinamenti e discese un po’ selvaggi e da cercare!

in generale la relazione è veramente ben fatta, precisa e puntuale, rappresenta i pochi elementi necessari per orientarsi bene in parete!
avvicinamento: bo! noi siamo andati a caso: si raggiunge in qualche maneira il rif baita iseo, quindi abbiamo preso a sud (sx faccia a monte) per le baite di natu (?), che si raggiungono dopo qualche minuto. da qui mi segnalano esserci una traccia evidente che taglia in costa in direzione della parete: Da Baite Natù si prende una traccia abbastanza evidente che procede in costa verso i Golem; aguzzare lo sguardo in occasione di un primo tratto molto ripido che precede l’ingresso in un primo canalone; di qui più o meno in costa fino al Toc de la Nef;
(noi invece abbiam preso una cementata molto ripida verso dx (ovest) fino a un’altra baita e da qua a caso direzione sud-ovest: ci sono un tot di ghiaioni che abbiamo tagliato abbastanza alti. forse stand invece più bassi il tutto potrebbe essere più agevole, specie verso la fine ci sono diversi canali non facili da attraversare e diverse zona belle vegetate fitte che stando bassi si potrebbero evitare. altra soluzione potenziale potrebbe essere quella (non verificata) di partire da ono e prendere direttamente il canalone che sale alla base della parete: piu dislivello ma almeno c’è una direttrice evidente.)
attacco: facile da individuare: a destra dei muri molto compatti a buchi dove sale anche mamba nero: c’è un’enorme camino verticale; sulla destra parte un’altra via con diversi spit ravvicinati, quindi ancora a destra i due diedrii/camino dove parte la via salendo quello di destra.
la linea di salita è abbastanza evidente dalla relazione.
attrezzatura in loco: è esattamente quella segnalata nella relazione, noi abbiam erroneamente lasciato un punta giallo nella placca sopra di sesto piu, non fateci troppo affidamento.. :D le soste sono quelle segnate nella relazione: delle soste di calata lasciate nella prima ripetizione noi abbiam trovato solo la prima e la seconda a metà del secondo tiro! quindi se volete prendere in considerazione un eventuale rientro in doppia tenete presente che sono fuori via e da cercare! le soste di salita sono sempre buone, spesso da integrare (facilmente) con protezioni veloci, quasi mai indispensabili i chiodi. (comunque portarsene una buona scelta è cosa assolutamente buona e giusta!)
bivacco: al forcellino ci è sembrato difficile bivaccare: molto meglio bivaccare sulle cengette segnalate dalla relazione alla fine del penultimo tiro o li in giro: ci sono diversi posti, solitamente per una ma anche due persone. sulla cresta cassin anche ci sono posti da bivacco ma è tuto marcio e potrebbe essere difficile trovare protezioni solide.
DISCESA: DA NON SOTTOVALUTARE. lunga complessa e delicata.
primo pezzo: usciti dalla via, si prende la cassin. è un terreno molto friabile: valutate la vostra cosfidenza con questo terreno! mi sentirei di consigliare di non fare tiri lunghi. si trovano un paio di soste gia in loco, buone. c’è un solo punto particolarmente critico tra l’uscita della via e la calata, poi per il resto si va via bene non fosse per il detrito. la sosta di calata si trova facile, occhio che le corde fanno moltissimo attrito. dalla forcella c’è da traversare per qualche centinaio di metri su terreno facile ma parecchio insidioso in quanto friabile e abbastanza scosceso (una sorta di ghiaione di terzo con pezzi erbosi da attraversare).
a questo punto si può scegliere se salire alla vetta della bacchetta e scendere dal canale della normale, quindi epr la val baione. soluzione sicuramente più semplice anche se forse più lunga. risalire alla bacchetta non sembra presentare particolari ostacoli ma comunque è terreno d’avventura.

oppure scendere come fatto da noi dalla val narena e cercare il sentiero delle forcelle, che provo a relazionare grossolanamente:
relazione sommaria discesa dal sentiero delle forcelle dalla val narena a sommaprada di lozio
si scende, daprima per ghiaioji, poi per prati, l’evidente conca morenica della val narena (che è quella evidentissima davanti a voi) per un bel pezzo (50 min?), finchè non inizia a diventare sempre più ripida. tenere d’occhio il lato sinistro idrografico: ci sono dei primi canali che salgono verso la vetta del vaccio. continuare a scendere. si trova poi un canalino ripido con un dito di roccia nel mezzo: non è il canale da salire: continuare verso il basso. si scende ancora una decina di minuti seguendo i prati meno scoscesi finchè si vede un forcellino a sinistra e una fascia pratosa abbastanza ripida che conduce giustagiusta (in 5-10 min) a questo forcellino tagliando in orizzontale. si trova una traccia a ridosso della parete e la si segue (attenzione molto esposto!) fino al forcellino. di qui si scende il ripido canale fino al suo terminare nella stretta forra parallela alla val narena (5-10 min dal forcellino) . di qui si risale dritti un canalino/costa erbosa a specchio di quello da dove si arriva (direzione sud-est)(non il canale-forra principale nel quale si è entrati, ma un canale laterale sulla costa sx idrog di questo). si risale fino al culminare, quindi si scende dal canale pratoso sul versante opposto (lato valcamonica). si inziia a questo punto a intravedere i boschi dietro sommaprada. si scende questo canale un pezzo (5 minuti) finchè non bisogna tagliare nettamente a destra (traccia molto esile) a un colletto. (se mancate il bivio ve ne accorgete perchè ci dev’essere un salto prima del canale sottostante). dal colletto seguire la semiaccennata cresta erbosa verso sud, fino a una grottina (5 min). di qui ci si infila (traccia, ora piu evidente) nel boschetto di noccioli nel canaletto sulla destra (3 min), che porta poi, obliquando in orizzontale verso sinistra di nuovo al prato a sinistra della crestina erbosa seguita in precedenza (ovviamente piu in basso ove è meno ripido). seguendo la traccia si perviene così (altri 5 min) ai boschi di sommaprada dove per tracce e quindi per sentiero ben marcato, si scende al paese.
non è lunghissimo, se si sa dove andare, ed è molto bello. però se non si becca la strada giusta diventa un bel troiaio!

complimenti ancora agli apritori

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diretta del diamante al pilastro est del corno miller

una linea meravigliosa. saliva dritta dritta alla vetta. precisa e maestosa, là in cima, incuneata in un posto incredibilmente lontano e nascosto. dominava tutta la valle, anzi, la Valle. già, tra le valli adamelliche quanto a quantità e qualità, per noi malati dell’arrampicata su roccia, la val salarno non ha eguali. per bellezza si dice non sia comparabile con la vicina valle adamè, dove anche campeggiano itinerari di grande bellezza e ambiente, ma come quantità e come storia la maiuscola se la guadagna tutta.

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sono stato per la prima volta in val salarno che avevo forse compiuto i 18 anni, col socio di sempre e qualche schizzo ricopiato male da atht. quella volta avevamo sbagliato montagna, per quanto non di molto, e fatto dei pezzi di vie diverse. la scarna relazione di asterix e obelix ci portò sui primi tiri di soldato blu (!!), poii violacei spit di gotica ci attirarono verso di lei. tenemmo quella linea fino a capitare sul tiro chiave di dottor goretex, che superai non so come, mettendo il primo chiodo della mia vita, un lametta, sotto un tettino, che dovetti addirittura staffare per raggiungere l’ultimo spit e poi la sosta. dopodichè, a un paio di lunghezze dalla vetta non ci fu modo di convincere il socio, che voleva solo appoggiare i piedi per terra prima possibile, e furono doppie e un ritorno massacrante.
me la ricordavo così, lontanissima dal fondovalle, con questo bel rifugio con al fontana fuori, e un sacco di pareti, che non ci capisci una mazza.
ma soprattutto me la ricordavo affascinante.

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così quest’estate, quando un giorno a caso, durante la sessione, mi arriva un messaggio di un numero sconosciuto che mi propone una via in val miller, penso subito che se si vuole andare in zona adamello, o sia valle adamè, dove non sono mai stato, oppure che sia val salarno, dove di roba da fare ce n’è a bizzeffe: il fascicolo, nel cassetto dei progetti, dedicato alla valsalarno è bello gonfio!
mando la mia proposta a filippo, col quale non avevo mai scalato prima, e che a malapena conoscevo di vista: ci eravamo conosciuti probabilemente anni e anni prima da qualche parte in kamunia, forse al kag, unico spazio sociale esistitio in valcamonica negli ultimi 20 anni e ora sgomberato da una schifoso sindaco fascista.
comunque sia il socio è in forma, gli piace un sacco il granito, e soprattutto è un camuno (e questo è importante ;D) e siccome è un camuno la mia proposta colpisce il bersaglio. la linea gli piace un sacco (proàga! :P), e anche l’idea di andare a cercarla, cosa questa non assolutamente scontata, anzi! proprio per questo sottolineavo l’importanza di avere un socio camuno! :D

della via non sappiamo molto: c’è la bella e precisa relazione del rivadossi su atht, e l’unica altra info (scopriremo poi fuorviante) era lo schizzo del rivadossi ricopiato male dagli autori della pessima guida uscita di recente sull’adamello. questa guida sgradava il secondo tiro da VII+ a VII-, oltre che cambiare un po’ il tracciato, cosa che ci ha in primis fatto pensare che qualche ripetitore avesse corretto al relazione originale (cosa che in effetti era strana, però valloasapere!!).
qualche scambio di sms, giusto in tempo per capire che siamo d’accordo sul non dormire al rifugio ma sul dormire in su e in qualche maniera ce la facciamo e una sera partiamo.

ci raccontiamo un po’ cosa facciamo nella vita e a passo svelto in un paio d’ore (che mi ricordavo essere 4!) siamo al rifugio. abbiamo il lusso di sacco a pelo e materassino e dopo qualche ora di sonno partiamo: sveglia presto perchè per le 6 dobbiam oessere giù che il socio deve lavorare! partiamo decisi, alle 7 siamo sotto il seracco: un canale di neve a 50/60° si frappone tra noi e l’attacco della via: io non ho che i ramponcini super leggeri e le scarpe bagnate dall’aquitrino dopo il rifugio, il socio nè l’altra nè l’una: senza picca è assolutamente infattibile! parecchio sconfortati decidiamo di ritirarci e scendendo ci facciamo un ripasso dell’arrampicata di placca adamellica scalando quelle splendide placconate di calcare di granitomachia, via storica della val salarno, che scaliamo, finalmente al sole, in assoluto plaisir.

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trotterelliamo giù un po’ mosci senza confidarci i dubbi riguardo la possibilità, questa stessa estate, di riuscire di nuovo a combinare tra impegni, meteo e voglia di fare l’avvicinamento, per provare a tornare e “far brillare il diamante” (cit.).

ma l’aver visto dal vivo sto pilastro affilato e affascianante, oltre che l’avere a che fare tutti i giorni con masse di turisti per lavoro, alimentano non poco la motivazione: da un lato la voglia di ritornare lassù in questi angoli remoti e selvaggi, alla ricerca di quella linea perfetta, diventata ora, per noi, ancor più intrigante; dall’altro l’idea di non voler essere parte della massa di automobili che si incolonna nelle autostrade, inseguendo miraggi e specchietti per le alloddole, che quando si dirigono verso le montagne finiscono per distruggere l’autenticità di realtà tanto più belle quanto fragili e incastonate tra le pieghe orografiche. e allora il desiderio di cercare strade diverse, di rispolverare i progetti nelle nostre montagne, il desiderio di avventura e di riscoperta. e se la voglia c’è, il tempo e il modo si trovano: eccoci pronti per tornare all’attacco.

signorina primavolta

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decidiamo però, questa volta, di cambiare, ovviamente, strategia: superlight non aveva funzionato? allora andiamo di picca e ramponi e scarponi. si aggrega a noi un altro ragazzo camuno, anche, saremo in tre: zaini più leggeri. loro decidono di dormire al rifugio, io li raggiungerò la notte, dormendo fuori. questo era il piano.
non fosse che, vivendo in accampamento (sto vivendo in tenda da un mesetto ormai a questa parte), la frontale ti serve sempre: a far legna come a lavare i denti, a tagliare le carote come per andare a cercare le birre nella caverna. e le frontali si scaricano. e se finisci di lavorare alle 7 e ti dimentichi di passare al volo a comprare le pile è un casino. così mi ritrovo in macchina, diretto a saviore, e mi ricordo di avere la frontale scarica. merda. due orette di strada nella notte senza frontale non sono troppo allettanti. allora faccio retrofront: dormo a casa lo stesso numero di ore e poi via parto la mattina e su diretti. non posso comunicare con gli altri due che non hanno campo quindi dovrò essere puntuale: ovviamente non lo sono e mi tocca andare su a manetta: arrivo alle 7.04, 4 minuti di ritardo e li trovo che stanno comodamente facendo colazione. perfetto. sono già a pezzi, ma almeno li ho raggiunti.

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saliamo fino al punto raggiunto l’altra volta e troviamo il canale che si è parecchio ritirato (è passato direi quasi un mesetto). riusciamo a salire a piedi un bel pezzo in più, guadando (l’altra volta c’era uno strato di ghiaccio decisamente più consistente) e salendo dall’altro lato rispetto alla cascata del seracco, fino ad essere obbligati a ramponare a 50 metri dall’inizio della via.

saliamocosì l’ultimo pezzo del canalino agnostic dream e vediamo subito un chiodo. perfetto!

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tempo di cambiarsi e si decide che parto io. peccato osti, siamo in 3, con 9 tiri e io volevo fare i 3 finali del diamante. va beh, poco male, l’importante è fare la via!

parto a cannone, moschettono il chiodo, quindi non ho molto idea di dove andare: la relazione parla di fessure parallele sopra un tettino per il secondo tiro, mentre il primo va tutto in obliquo a destra. V+. mah! inizio a obliquare e diventa duro. torno giù un pezzretto, metto un chiodo, faccio qualche passo bello tosto: non molla! e non ci si protegge assolutamente: tutte fessure chiuse! continuo a obliquare mettendo alla fine qualcosa come 5 o 6 chiodi, tutti messi in posizioni improponibili e tutti abbastanza, a occhio, non troppo affidabili: male, malissimo. le fessure parallele non si vedono.. bo. di qua mi sa che è sbagliato. calarmi su un chiodo solo di quelli non me la sento, insomma risultato di un ora e mezza di sforzi non trascurabili: mi faccio calare nel canale, lasciando tutto in parete: un inizio disastroso!

però il primo chiodo era lì. e gli altri due, nel frattempo, sembrano aver intravisto quello che sembra un altro chiodo più in alto. vediamo anche chiaramente tutti e 3 un bello spit sotto un tettino, che sarà sicuramente la prima sosta, a una decina di metri dal canale. allora leonardo parte agguerrito verso quella prima sosta che scopriamo essere nient’altro che un lichene a forma di spit..

però la fortuna vuole che quel miraggio sia a poche decine di centimentri dalla sosta vera che, invece, non si poteva vedere da sotto: alla fine ci ero passato a mezzo metro di distanza senza vederla! ok, via trovata, le fessure sono sopra la sosta: parte leonardo e va via convinto: ignorando i ghiaccioli che pendono dalla lama, fiducioso della tenuta dei friend nelle fessure ghiacciate azzera il tettino e inizia a salire, inesorabile. noi in sosta cerchiamo di aiutarlo invano sulla direzione. intanto ha iniziato a nevicare: rabbiolina leggera, che però fa atmosfera: e noi che all’inizio pensavamo di farla in maglietta una via a sudest!

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alla fine leo raggiunge un punto dove sosta: niente spit però:abbiamo di nuovo sbagliato via! non senza complicazioni saliamo anche noi: fili va su d’un fiato, io cerco di recuperare qualcosina del materiale lasciato nel mio tentativo sotto, col risultato di rimanere appeso nel vuoto sotto una lama traballante con la corda incastrata in una lama affilata sopra la testa e niente su cui tirarmi se non blocchi mobili sotto al tetto: un situazione tragicomica dalla quale per uscirne necessiterò di una corda calatami dall’alto dagli altri due!

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finalmente arriviamo in sosta e salendo vediamo la strada giusta,la raggiungiamo e qui prendiamo la decisione: anche se è mezzogiorno passato, e abbiamo lasciato 5 chiodi e relativi rinvii in parete, quindi abbiamo non dico dimezzato, ma quasi, il materiale salvavita, proviamo a salire lo stesso e ad arrivare dove arriviamo!

fa ancora un tiro leo, quindi parte fili che macina con classe i successivi tre tiri placcosi e lavorati: l’esperienza su granitomachia aiuta: sono dei bei viaggi sul V/VI senza dentro gran chè: dei 2 o 3 chiodi relazionati, il primo è bomba, ma al secondo salta la testa ribattendolo. comunque due friendini e un po’ di margine e si passa.

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arriviamo sotto il diamante: sono parecchio titubante: adesso c’è il tiro duro, potrei quasi fare il cliente fino in cima… però dai cazzo, ho voluto a tutti i costi venire fino a qua, l’ho sognato sto diamante, proviamoci! e allora mi faccio coraggio mi faccio dare tutto il materiale possibile e immaginabile, attacco all’imbrago la staffa comprata nel periodo di dura astinenza in sudamerica e parto. la roccia è spaziale.

le fessure sono belissime e nette e i friend si staffano che è un piacere. anche gli incastri di mano tengono, meno la pelle che si strappa via parecchio in fretta. trovo un punto duro, ma scopro che il muschio nella fessura, schiacciando, la libera e si può mettere roba. vedo la vena di quarzo, trovo un chiodo, ne metto un altro, la raggiungo. la scalo, come fossi sulle uova, anche se sembra solida. l’ultima rimontina: c’è uno spit, ma ho finito i rinvii, lo rinvio con il mosch del friend rosso, alzo i piedi e sono in sosta.
un altro tirello di placchetta solcata da una fessurina e siamo sotto la vetta. sotto la cuspide sommitale. su una bella cengetta.

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non vedo l’ora di scalare quelle fessure perfette che solcano quello strapiombetto per poi rimontar fuori. i soci arrivano, ma mi danno una brutta notizia: vogliono scendere da qua: per loro la vetta non ha importanza, è tardi (sono effettivamente le 18), la via la considerano fatta e questo ultimo tirello di VII non vogliono farlo. io invece lo voglio fare, a tutti i costi. considero quasi di scalarlo slegato. alla fine concordiamo che mi faranno sicura e poi mi calerò subito.

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parto a manetta su questo tiro, denominato dai primi salitori “atletic dream”. anche qua non esito a staffare un friendino su un passo duro, quindi su ottime fessure raggiungo la crestina: mi ribalto fuori ed eccola: pochi metri mi separano da questa bellissima cuspide: è un vetta vera, a punta, ti ci siedi e sei il re del mondo. o forse solo il re del pilastro est del corno miller. però ti senti un re: davanti a me la distesa del pian di neve, che non avevo mai visto nella mia vita, e lì davanti l’adamello, che ti sembra una montagnetta qualunque e, a guardarlo da qua, non ti fa immaginare i vertiginosi precipizi delle pareti dei suoi versanti nord . incredibile, è fatta! bisogna ancora scendere ma la cima del diamante è stata calpestata!

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ok, ora è tempo di scendere: raggiungo gli altri con una doppietta e poi giù: 4 doppie, oltre quella dalla vetta, e siamo al nevaio. l’ultima mi permette anche di recuperare tutto il materiale lasciato nel tentativo storto: recuperiamo tutto e atterriamo precisi precisi sugli zaini.

pian pianino scendiamo la prima parte delicata di avvicinamento, quindi dico agli altri di avviarsi pure se hanno gamba, che io sono a pezzi e me ne scendo con calma: loro arrivano al rifugio con le ultime luci, io trotterellando li raggiungo ormai alla luce della luna. scendendo mi sento proprio parte di questo remoto angolo di selvaggio nel frattempo il tempo si è sistemato e il tramonto che ci regala la Valle è indimenticabile. la luna illumina le pietre sulle quali salto cercando l’equilibrio, le placconate la riflettono creando un’atmosfera magica. un po’ di stretching e birrozza al rifugio, quindi io parto a scendere mentre i soci si fermano un’altra notte: che invidia! ma a me tocca lavorare, e allora giù, alla luce delle luna che illumina i miei passi, parto in un viaggio psichedelico verso il fondovalle: ormai le energie sono esurite e scendo per inerzia, fermandomi ogni tre per due a riposare. ma non mi pesa: la testa è leggera e il sorriso stampato. quando mi fermo mi sdraio a terra, guardo la stellata magnifica e vedo stelle cadenti a manciate: penso ai desideri da esprimere, al futuro e al presente, sto bene, benissimo, mi vien voglia di fermarmi qua tutta la notte (anche per non ricominciare a camminare! :D). mi viene il dubbio che le stelle cadenti offrano solo la possibilità di esprimere desideri: si potrà invece usare una stella per ringraziare?

info tecniche e dettagli sulla via e la logistica.
AVVICINAMENTO: è bello lungo e molto molto bello e vario e impegnativo: si segue un pezzetto i lsentiero per il giannantoni, poi si taglia fuor ia sx come per l’avancorpo del cornetto, quindi si segue il vallone sulla sx orografica fino ad arrivare nella conca sotto il corno miller. noi a questo punto siamo saliti lungamente per pietrai praticamente fino contro la parete di quello che credo sia il corno occidentale. quindi per roccette si sale parecchio, sempre al riparo dal seracco. poi bisogna attraversa: questo è l’unico punto potenzialmente esposto: si traversa in orizzontale a guadare la cascata del ruscello che scende dal bivacco se il canale di neve inziia alto, se no si attacca il canale e si sale diretti. se si attraversa si esce abbastanza dal tiro del seracco e si sale per roccette per la via logica sulla dx orografica del canale fino a che si riesce, quindi si sale nel canale. epr quanto riguarda il seracco a noi è sembrato parecchio tranquillo: probabilmente in questi 20 anni si è abbassato di brutto! comunque resta lì sopra a guardare, ma il canalino agnostic dream a noi è sembrato piuttosto tranquillo. l’ATTACCO della via è facile da trovare (chiodo evidente nelle fessurina obliqua) mentre non è facile capire dove sia la prima sosta perchè non c’è un riferimento chiaro in quella sezione di parete: il deidro sulla sx non è distante e la sosta è nell’evidente fascia di rocce rotte dalla quale parte il tettino solcato dalle fessure parallele: quando l’abbiam fatta noi il primo tiro era lungo meno di una decina di metri ed obliquava veros sx. trovata la prima sosta tutto è in discesa: la relazione del rivadossi è veramente precisa, i chiodi segnati noi li abbiam trovati quasi tutti, a parte un paio che devono essere stati sputati fuori e uno che ci si è rotto nella placchetta del 5o tiro.
DISCESA: molto comoda in doppia: noi abbiamo lasciato qualcosina in tutte le soste che abbiamo usato per calarci: abbiamo usato l’ultima (s9), la s8, la s6 la s4 e la s3. quindi canale e l’avvicinamento a ritroso.
l’attrezzatura in loco sembra ancora in buono stato per quanto riguarda gli spit e i chiodi sono stati da noi tutti ribattuti per benino. (:D)
COMMENTO: una linea eccezionale, scalata sempre interessante nel genere, roccia quasi sempre molto bella. nel complesso un’avventura assolutamente da non mancare, per gli amanti del genere.
RELAZIONE relazione pdf dell’apritore su atht (approfitto per fare i complimenti agli ideatori e gestori del sito per tutto il lavoro!): http://www.adamellothehumantouch.it/VAL%20SALARNO/Val%20Salarno_2_Itinerari/Val%20Salarno_Corno%20Miller_Diretta%20del%20diamante.pdf

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